In Italia, com’è risaputo, i morti non si toccano, specie se sono stati potenti nella loro traiettoria terrena. Non poteva fare eccezione Maurizio Costanzo, l’uomo-televisione per eccellenza: i coccodrilli pubblicati dopo la sua dipartita hanno ripulito gli armadi di tutti gli scheletri, predisponendone la beatificazione come padre della patria. Assai più di suoi omologhi come Bruno Vespa, Pippo Baudo o Mike Bongiorno, Costanzo ha vissuto gran parte della sua vita in simbiosi con la televisione attraverso il suo “show”, di cui sono state girate 4400 puntate e all’interno del quale sono stati ospitati in 50000 fra fenomeni da baracchina e fenomeni da baraccone. In quei ruggenti anni ’80 in cui andò affermandosi l’assunto “Vado in tv, dunque sono”, per esistere compiutamente bisognava passare dalla palestra del Maurizio Costanzo Show, nel cui salotto si poteva appurare se un tale era in grado di “bucare il video” oppure no. E così, dai baffi di Maurizio sono transitati comici raccomandati, troie di regime, letterati postmoderni drogati di televisibilità. Soprattutto, questo gigantesco “talent scout” ha promosso la carriera di autentici fuoriclasse della telemunnezza quali Platinette, Vittorio Sgarbi, Giampiero Mughini. In quegli studi televisivi in cui ha consumato la sua vita, Costanzo ha trovato anche l’amore, o meglio uno dei tanti, visto che le agiografie mortuarie ci hanno informato che era anche uno sciupafemmine: sposando in quarte nozze Maria De Filippi e promuovendone l’ascesa come donna-tv e compiaciuta corruttrice di anime, egli ha forse voluto replicare nella realtà, da cinefilo qual era, la coppia vista all’opera in Quinto Potere, il più memorabile film mai girato sul mondo della televisione, quella formata dall’anziano anchorman Max Schumacher e dalla giovane e rampante Diane Christensen, donna che si eccita parlando di indici d’ascolto e robe del genere. Al di là di queste illazioni, per cogliere la portata del Maurizio Costanzo Show nella società italiana è a un’altra pellicola che bisogna fare riferimento, Caterina va in città di Paolo Virzì: in essa, il professor Iacovoni, interpretato da Sergio Castellitto, prova a rubacchiare qualche secondo di televita avvinghiandosi al microfono mentre siede fra il pubblico del talk show, consapevole che quella è l’unica occasione concessagli dal destino cinico e baro; divorato dalla frustrazione per la mancata pubblicazione del suo romanzo, Iacovoni cerca sponde nel conduttore (Costanzo che interpreta se stesso), il quale lo umilia inducendolo a lasciare la sala fra i boati di scherno del pubblico. Ad ogni modo, prima di diventare un uomo-televisione, Costanzo era stato un cronista specializzato in interviste-scoop, come quella che gli concesse il “Venerabile” Licio Gelli, presentato per l’occasione come “uno degli uomini più potenti d’Italia”, nel 1980 per il Corriere della Sera. Riletta col senno di poi, quell’intervista sa tanto di siparietto preconfezionato: pochi mesi dopo la sua pubblicazione, il nome di Costanzo emergerà negli elenchi dei membri della loggia P2 di cui Gelli era il deus ex machina..Tesserato numero 1819, Costanzo dapprima negherà il suo coinvolgimento, poi sosterrà di essere stato iscritto a sua insaputa, quindi derubricherà tutto ad “una cretinata”, abbracciando negli anni della vecchiaia una tesi piuttosto ardita: egli si era avvicinato alla più controversa delle logge massoniche italiane poiché si sentiva solo e aveva bisogno di amici. Lo scandalo non determinò la fine della sua carriera, ma il suo decollo: evidentemente, nella P2 si era fatto gli amici giusti. Legato a doppio filo all’altro piduista eccellente Silvio Berlusconi, Costanzo seppe accreditarsi addirittura come antiberlusconiano all’epoca della “discesa in campo” del Cavaliere, nonché come quasi martire della lotta alla Mafia dopo essere scampato (“per miracolo”) all’attentato del 14 maggio 1993, nella cui organizzazione è stato tirato in ballo, in quell’eterna commedia degli equivoci, lo stesso Berlusconi. Ciambellano del Potere, quello vero, Costanzo giocò un ruolo di primo piano nei travagliati anni ’90, quelli che segnarono la transizione dalla prima alla seconda repubblica, recitando brillantemente la parte che gli era stata assegnata e dando un decisivo contributo alla dissoluzione di quella che era stata la società italiana nei miasmi postumani della televisione. Pure nei suoi ultimi mesi, da indefesso sgherro del Potere, Maurizio Costanzo ha vomitato strali contro i “no vax”, invitandoli a lasciare l’Italia ed auspicando che medici e infermieri non vaccinati fossero cacciati dagli ospedali. Ai suoi funerali (era richiesta la Ffp2, ma dalle foto pare l’abbia messa solo Fiorello, altro prodotto della sua scuderia), la vedova si è prestata a farsi ritrarre in selfie davanti alla bara: è questo il più degno epitaffio della (tele)vita di Maurizio Costanzo.
ROBERTO dice
sublime articolo.
luca dice
Costanzo faceva ribrezzo. Lui e tutti gli amici suoi.
Totoi dice
… mi dispiace per noi italiani che ci siamo cascati con tutte le scarpe in quella raccontazione costanziferina che tendeva a “distrarre” più che “svegliare” il popolino…Complimenti per l’ articolo, ben scritto.