“Un mondo nuovo, una sinistra grande”: all’insegna di questo motto piuttosto petaloso si è tenuto a Roma il 23 e 24 aprile il secondo e, con ogni probabilità, ultimo congresso di Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista, la creaturina politica di Roberto Speranza.
Venuto alla luce nel 2017 , frutto dell’ennesima scissione pilotata dal corpaccione del PD, Articolo 1 esiste fondamentalmente solo come gruppo parlamentare, anzi, come componente maggioritaria del gruppo “Liberi e Uguali”, dal nome della lista che riuscì sotto la guida a Pietro Grasso a far eleggere un pugno di deputati alle politiche del 2018 per poi squagliarsi subito dopo.
Usciti dalla casa madre socchiudendo la porta in polemica con l’allora già declinante Renzi, gli articolisti speranzosi son rientrati all’ovile una volta che il bullo fiorentino ne è uscito: alle europee han già trovato sistemazione sotto l’accogliente ombrellone del PD, e lo stesso scenario sta maturando in vista delle prossime politiche. Il divorzio, insomma, non ha più ragion d’essere; nonostante il coordinatore nazionale Arturo Scotto abbia assicurato che non ci sarà confluenza nel Partito Democratico, è quello lo sbocco inesorabile degli scissionisti pentiti.
Protagonista assoluto dell’assise romana è stato il ministro Roberto Speranza, la cui mozione “È il tempo della sinistra” è stata approvata con un plebiscito dai pochi iscritti che hanno votato, 7000 su 14000 ufficialmente dichiarati. Siamo dalle parti di un centralismo democratico che sbraca nella parodia involontaria: la mozione alternativa del blasfemo David Tozzo, che chiedeva addirittura l’uscita dal governo Draghi, è stata stroncata sul nascere ed il congresso ha potuto svolgersi “nel segno dell’unità”.
Gli interventi si sono succeduti nel segno della fuffa rimasticata oltre ogni ragionevole limite: il “nuovo” orizzonte si chiama “ecosocialismo”, è necessario “riformare il capitalismo” per arginare l’insorgere dei soliti, comodi babau, “la destra neofascista” e “gli etnonazionalismi”, bisogna lavorare a testa bassa per “un piano green per la giustizia sociale” in modo da tutelare i “beni comuni”. Il nulla mischiato col niente sarebbe stato più sostanzioso.
Un po’ di brio l’ha portato Massimo D’Alema, che da grande ha deciso di fare il trafficante d’armi: è lui il padre (ig)nobile di Articolo 1.
Tutti i delegati hanno applicato con zelo le norme sul mascherinamento: non s’è visto un solo naso scoperto. Tutto questo in ossequio al lider maximo Roberto Speranza, che alla fine è stato rieletto per acclamazione, seppur soffocata dalle Ffp2: quanto basta per attestare l’asfissia della “sinistra”. Il potere (apparente) di cui gode Speranza da Potenza è uno dei tanti misteri buffi di questo paese: ci sarà occasione di riparlarne su queste pagine.
Mascherina rossa la trionferà!
Evviva Robertino e la Sanità!
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