Ieri il popolo francese ha riservato numerose casserolades – manifestazioni che prevedono la percussione continua di pentole, padelle e oggetti vari impiegati in cucina – al discorso tenuto ieri sera da Macron sulla riforma delle pensioni e sul futuro del governo. Il popolo francese non ha mostrato alcuna attenzione per le parole del presidente francese, riversandosi in piazza in tutte la grandi città francesi, da Parigi a Nantes, da Lione a Marsiglia. “Macron oserà parlarci quando non ci ascolta da tre mesi, siamo quiper dimostrare che è inutile ascoltarlo”, ha spiegato, poco prima del discorso, Bénédicte Delgehier, 57 anni, proiezionista del cinema “Aux Lilas” che ha partecipato a 11 giorni di mobilitazione su 12 tenute contro la riforma delle pensioni. “Siamo molto determinati a non fermarci qui”, assicura battagliera.
Il discorso di Macron arriva in ritardo rispetto ai tre mesi di proteste ininterrotte. Davanti le telecamere, difende la riforma pensionistica definendola “necessaria, al di là del consenso che su questo argomento non riusciamo a trovare”. Poi però apre al dialogo – dopo tre mesi e dopo averla approvata – sulla riforma “ai datori di lavoro, alle rappresentanze sindacali, ai lavoratori e ai partiti di opposizione”. Una apertura che sa di presa in giro e che è stata accolta con una nuova esplosione di rabbia popolare. Infine, le petit Napoléon, assicura che a breve il governo pubblicherà un documento sui prossimi “100 giorni” di attività governativa, con progetti di riforma sul lavoro, sulle innovazioni “green” e sul contrasto all’inflazione. Promesse, dunque, che non hanno placato la rabbia dei francesi.
Nel frattempo, il presidente francese ha incassato una duplice vittoria politica. Il Conseil Constitutionelle (la Corte costituzionale francese) ha confermato la legittimità costituzionale della riforma rigettando le istanze provenienti sia da alcuni partiti di destra, sia dalle organizzazioni dei lavoratori. Al contempo, la corte ha rigettato la proposta poiché presentata prima dell’entrata in vigore della legge di riforma, per cui è impossibile fare un referendum su una legge ancora non approvata al momento del deposito del referendum stesso. Adesso si attende la risposta del Conseil sull’altra proposta di referendum che invece vorrebbe vietare ogni aumento dell’età pensionabile sopra i 62 anni.
Dunque, Macron da una parte continua a marciare dritto nel conseguimento della sua agenda – quella dettata dalla finanza – ottenendo anche l’approvazione del Conseil Constitutionelle (era ovvio); ma dall’altra parte le piazze continuano a ribollire e i cori “Macron démission” ormai risuonano nell’aria di tutta la Francia. Le proteste continuano senza sosta. Ci chiediamo cosa faranno i francesi una volta esauriti tutti i mezzi pacifici e gli istituti giuridici per ottenere quello che chiedono. Si arrenderanno o andranno oltre?
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