L’Unione Europea si prepara a lanciare una nuova offensiva alla sovranità degli stati membri ma anche degli stati non appartenenti all’UE. Questa volta il pretesto viene da un altro continente, l’Africa e in particolare dall’Uganda. È notizia di qualche settimana fa che il presidente ugandese ha presentato al parlamento del suo paese una legge – approvata già all’unanimità – che vieta l’omosessualità, le pratiche omosessuali con minori e disabili e vieta anche la diffusione di teorie LGBTQ e del gender. La legge, già approvata, deve ancora essere promulgata dal presidente Museveni che l’ha rimandata in parlamento per la votazione di un emendamento che prevede la riabilitazione degli omosessuali.
A seguito dell’approvazione della legge in Uganda, l’UE si prepara a sferrare un attacco contro gli stati – membri e non – che decideranno di non aderire alle teorie del gender e di non istituzionalizzare l’ideologia LGBTQ. Il primo passo è rappresentato dall’approvazione da parte del parlamento europeo di una risoluzione che condanna la depenalizzazione dell’omosessualità e la previsione di alcuni strumenti di “pressione” – forse è meglio dire strumenti di ricatto – verso quegli stati che decideranno di non adeguarsi ai nuovi ordini di Bruxelles. Fra i numerosi punti e proposte presenti nella risoluzione, è stata inserita la possibilità per l’UE di inserire tra i requisiti minimi degli stati per accedere all’EBA (European Bank Authority), proprio la presenza di una legislazione favorevole alle teorie LGBT e al gender. Questa norma, se introdotta, colpirebbe molti stati europei, tra i quali Polonia – dove da anni spuntano come funghi i comuni “LGBT Free” – l’Ungheria, dove è stata approvata una norma che vieta la promozione dell’omosessualità e della “transizione di genere” sui media e nelle scuole alle persone di età inferiore ai 18 anni. La legge, definita “una vergogna” da Von Der Leyen, ha spinto la commissione europea ad intentare una causa legale contro Orban. Ma nel mirino di Bruxelles c’è anche l’Italia perché ancora non è stato approvato il famigerato DDL Zan e, ancora, si vieta la registrazione all’anagrafe dei bambini adottati da coppie gay.
Ma sul fronte esterno, l’UE prevede di sospendere gli accordi di partenariato con i paesi – come l’Uganda – che non depenalizzano l’omosessualità e non si adeguano agli standard europei e ai suoi valori LGBTQ.
Si tratta, dunque, della solita ingerenza europeista. E il parlamento, piuttosto che occuparsi delle gravi connivenze della Von der Leyen con Pfizer e della distruzione delle prove di questo rapporto, preferisce perpetrare le solite ingerenze contro gli stati membri ma anche contro stati sovrani di altri continenti.
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