Dopo i palloni, ecco arrivare il turno dei droni nella ridicola passerella della propaganda di guerra. Lo stesso Tajani, di solito strenuo sottobicchiere del servizio da tè atlantista, ha invocato la cautela – ricordando il glorioso “Fate i boni!” del piduista fu Costanzo – ammonendo, dal pulpito di SkyTg24, di non far diventare la vicenda un “casus belli”. E, considerando che la guerra è già in atto, che in Ucraina già ci mandiamo armi e mercenari, fa davvero ridere – visto che le lacrime le abbiamo esaurite.
Da ieri pomeriggio infatti non si parla d’altro che del drone americano MQ-9 Reaper che, mentre era in ricognizione sul Mar Nero, è stato intercettato a 70 kilometri a sud-ovest di Sebastopoli (secondo i dati a disposizione dei media russi) da due Su-27 russi i quali avrebbero, stando a quanto riferisce Russia Today, lasciato cadere del carburante sul velivolo sviluppato e costruito dalla californiana General Dynamics, compromettendone la capacità di volo e causandone quindi con una collisione la caduta. Subito la Casa Bianca ha convocato l’ambasciatore russo, esigendo spiegazioni, in quanto l’esercito americano è convinto che l’unità stesse sorvolando lo spazio aereo internazionale, e dunque il presunto attacco da parte dei jet russi avrebbe costituito una minaccia ingiustificata. Dal canto loro, i russi sostengono con forza che l’incidente è avvenuto nello spazio aereo ristretto stabilito per l’Operazione militare speciale, di cui ogni paese era stato informato a tempo debito.
I russi hanno anche ricordato come gli Stati Uniti sin dall’inizio del conflitto lambiscono coi loro velivoli militari i confini del territorio russo al fine di fornire dati di intelligence all’esercito ucraino, ma che spesso sono mezzi con elevate capacità offensive – teniamo presente che lo stesso MQ-9 è utilizzato per operazioni di ISR, ma può trasportare 1700 chili di bombe a guida laser Paveway oltre che missili Hellfire – e che appena l’altroieri, lunedì 13 marzo, un bombardiere B-52 con capacità nucleare del Comando strategico degli Stati Uniti è volato deliberatamente verso San Pietroburgo, facendo dietrofront solo dopo aver raggiunto la portata necessaria per lanciare un missile da crociera.
Mentre i media nostrani parlano di caccia al relitto, mentre i russi affermano di averlo già recuperato, questa vicenda chiarisce ancora una volta, ancora di più, che Mosca è l’aggredito e Washington l’aggressore, e che il teatrino diplomatico non sempre riesce a nascondere la verità geopolitica: lo Zio Sam sta cercando la guerra totale a tutti i costi.
MDM
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