Mentre l’Italia continua ad armare l’esercito occupante della Libia, che insieme al governo instauratosi a Tripoli con l’appoggio dell’ONU, non rappresenta che il 20% del territorio della Libia, Tripoli e Bengasi starebbero organizzando una forza congiunta da inviare nell’instabile zona meridionale del paese. La decisione a prima vista potrebbe dunque essere il primo passo verso una possibile riunificazione dell’esercito libico, ma sappiamo che le cose sono ben diverse. Nell’editoriale di Nova viene infatti specificato che “le parti libiche vorrebbero che fosse la comunità internazionale ad armare i tre battaglioni, ma c’è il problema dell’embargo delle Nazioni Unite”. Non sembra quindi improbabile il tentativo da parte delle autorità di Tripoli di nascondere la volontà degli Stati Uniti di mandare avanti i negoziati fra “le due Libie” ad libitum in quanto utile per il proseguimento dei traffici ben documentati da Michelangelo Severgnini nel suo libro L’Urlo.
Nell’incontro fra il capo di stato maggiore delle forze militari di Tripoli e il capo di stato maggiore della difesa italiano, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone è stato infatti stabilito che l’Italia si impegnerà nell’addestramento delle forze speciali libiche. Da questo momento dunque non vi sarà solo “training” in campi come quello sanitario ma anche un vero addestramento dei miliziani. L’Italia aveva già visto lo scorso anno la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella Libia Tripolitania. Tale visita era stata descritta da tutti i quotidiani come il coronamento del nuovo “piano Mattei”, ma non portò alcun lustro all’Italia in quanto l’accordo sul gas fra Eni e la Libia (Tripolitania) saltò dal momento che il ministro del petrolio e del gas libico Mohammed Aoun ritenne l’intesa non solo svantaggiosa sul piano economico ma anche non valida poichè stipulata senza l’approvazione del suo ministero.
L’Italia dunque, nonostante si confermi il primo partner commerciale della Libia, ha dimostrato di non difendere i propri interessi in Libia e di non avere alcun peso e alcun ruolo sulla scena politica mediterranea se non quello di ratificare quanto stabilito da altri attori – esattamente come è stato fatto oggi in parlamento con la decisione di inviare armi all’Ucraina. – e continuare a sfruttare il commercio del petrolio per trasferire soldi presso le milizie criminali di Tripoli responsabili dell’immigrazione illegale che formalmente dice di voler combattere.
Francesca Luchini
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