Continuano a piovere ininterrottamente notizie false su quanto sta accadendo in Iran, dove le rivolte contro il governo nelle regioni periferiche del paese non accennano a placarsi: ormai è un caso mediatico. Come al solito quando si tratta di lavorare per gli interessi occidentali, sono i curdi quelli in prima linea, e che stanno pagando il prezzo più alto nel confronto quotidiano con le forze dell’ordine iraniane, che continuano a tenere il pugno duro contro i manifestanti in quella che ormai è a tutti gli effetti una macelleria. Le vittime, quasi sempre giovanissime, vengono occultate e i familiari costretti sotto minaccia a mentire sulla morte dei propri cari. Come è vero che in Iran la brutalità e arbitrarietà dell’azione poliziesca è pari a quella degli Stati Uniti, è anche vero che la Repubblica Islamica ha creato generazioni giovani con un livello di istruzione universitaria superiore a quello di molti paesi occidentali, e che le donne sono sì costrette a portare lo hijab e vessate – così come gli uomini – dai macellai delle forze dell’ordine, ma possono diventare scienziate, giornaliste e intellettuali di altissimo livello esattamente, e a volte di più, che nei paesi del democratico occidente. Altro fondamentale e innegabile elemento è la mano attiva dei servizi segreti statunitensi e israeliani dietro al perdurare delle rivolte. I media ci mostrano una realtà completamente alterata: oggi è rimbalzata ovunque, a partire dall’Agence France Presse, la notizia che l’Iran, piegato dalle dimostrazioni, avesse abolito la polizia morale, ovvero quella sorta di buoncostume deputata a far rispettare le leggi sull’abbigliamento secondo la sharia; la notizia è rimbalzata su tutti i media, tanto che moltissimi cittadini iraniani hanno invaso il web di smentite, fin quando sono dovuti intervenire i media locali a smentire la notizia falsa diffusa dalla AFP. Tutto è iniziato quando il procuratore generale del paese Hojjat al-Islam Montazeri ha dichiarato in un incontro pubblico dal titolo ‘Spiegazioni sulla Jihad’ due giorni fa, in risposta a una domanda sul perché la ‘Pattuglia di Guida’ fosse stata chiusa, che essa “non ha nulla a che fare con la magistratura ed è stata chiusa dallo stesso luogo in cui era stata istituita in passato. Naturalmente, la magistratura continua a monitorare le azioni comportamentali a livello comunitario.” insomma, è come se la polizia morale fosse stata esautorata della sorveglianza sul velo femminile, questo sì, ma che a esercitarla siano adesso autorità di competenza della magistratura. E questo non sembra affatto un alleggerimento. A Teheran, se un mese dopo la morte di Mahsa Amini dalle porte di via Vezara si vedevano uscire ancora moltissime persone in fila per ricevere la consueta ramanzina sull’hijab, da un mese gli sms inviati dal governo per segnalare l’abuso sembrano essere drasticamente diminuiti; ma in altre città, soprattutto le città religiose come Qom, il velo continua a essere controllato, e in maniera più capillare che in passato. Ciononostante, nel paese c’è un forte dibattito sulla questione, e in molti pensano che questa misura, adottata dal governo Ahmadinejad nel 2005, abbia causato più trasgressioni che obbedienza alla regola.
MDM
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