Alla Camera dei deputati, in occasione del voto sul “sostegno all’Ucraina”, hanno preso ancora una volta forma le larghissime intese sulle cose che contano davvero. Dopo l’intervento “pacifista” del capogruppo leghista Massimiliano Romeo (bollato come “putiniano” e “filocinese” dal coro delle gazzette atlantiste), che aveva se non altro riempito le cronache politiche, tutte le forze “responsabili” si sono ritrovate nel voto favorevole alla mozione presentata dall’onorevole renziano Matteo Richetti, il quale ha proposto una formula più impegnativa rispetto a quella adoperata nel documento della maggioranza, che è stato frutto di un compromesso fra l’ansia da prestazione atlantista di Fratelli d’Italia e i pruriti pacifinti dell’ultima ora di Lega e berlusconiani. Mentre nel testo presentato dal centro-destra si parla di un generico “sostegno” al paese di Zelensky, ma “favorendo nel contempo ogni iniziativa finalizzata ad una risoluzione del conflitto nel rispetto del diritto internazionale”, in quello più risoluto di Richetti si associano tre aggettivi a questo “sostegno”: “politico, militare e finanziario”. Alla fine, la mozione “ucrainofia” di Richetti è passata con una maggioranza larga come neanche ai bei tempi di Draghi: 261 sì e 54 no. A favore, oltre a tutta la maggioranza, hanno votato Azione – Italia Viva e il Partito Democratico, la cui neosegretaria Schlein non è stata però presente in aula. Qualora qualche anima bella avesse avuto dei dubbi in proposito, la linea piddina di politica estera non è cambiata di una virgola dopo la “rivoluzione” schleiniana; dopotutto, la stessa leader è non solo cittadina americana per ascendenza paterna, ma pure assai vicina all’establishment democratico a stelle e strisce dopo la sua partecipazione alle campagne obamiane. A suggellare le larghissime intese ci ha pensato ad ogni modo un’altra deputata del PD, quella Marianna Madia già giovane ministra del governo Renzi., la quale è intervenuta con parole di esplicito supporto all’azione dell’esecutivo “nemico”, sottolineando di apprezzarne la determinazione ma raccomandando al contempo con la voce rotta e l’espressione contrita, alla premier e al suo partito, “di avere un occhio sempre attento e sempre vigile sui loro alleati”, ribadendo che le frasi “putiniane” di Romeo avevano fatto rumore e chiudendo con un sibillino “devono stare attenti, noi faremo altrettanto e staremo attenti a casa nostra”. Dall’altra parte della sceneggiata, il ruolo del pacifista è toccato a un annaspante Giuseppe Conte, il quale ha con ardore abbracciato la causa del basta armi dopo che non solo il suo governo aveva erogato robusti stanziamenti alle forze armate, ma il successivo esecutivo Draghi dai 5 Stelle sostenuto aveva portato avanti come prioritaria la politica di aiuto a Zelensky senza se e senza ma. I numeri, tuttavia, sono impietosi: tutti i gruppi politici tranne il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi – Sinistra si sono pronunciati per il sostegno “politico, militare e finanziario” all’Ucraina, cioè per annoverare l’Italia fra i “falchi” guerrafondai a fianco di Polonia e paesi baltici. E non c’è modo di sgarrare, manco “sfogandosi” con un discorso privo di risvolti politici, come ha fatto il leghista Romeo: attraverso l’onorevole Madia, già nota per la sua precocissima carriera, per essere stata sentimentalmente legata a Giulio Napolitano (figlio del Presidente Emerito Sua Eccellenza Elevatissima Giorgio) e per essere stata accostata alla Venere di Botticelli, ha parlato il Padrone Americano, quello in nome del quale le intese sono così larghe da apparire sconfinate ed al cui cospetto pure quelli che sembravano lupi diventano cagnolini scodinzolanti.
GR
Lascia un commento