Giuseppi Conte il tenebroso e Robertino Speranza l’omertoso sono stati raggiunti, a tre anni di distanza dai fatti incriminati, da avvisi di garanzia emanati dalla Procura di Bergamo in merito alla mancata istituzione della “zona rossa” nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo ed al mancato aggiornamento del “piano pandemico nazionale”, inadempienza che avrebbe lasciato il nostro paese indifeso davanti al Covid nei primi mesi del 2020; i magistrati bergamaschi hanno coinvolto nelle indagini anche le autorità regionali di allora nelle persone dell’appena rieletto presidente della giunta lombarda Attilio Fontana e dell’assessore alla sanità dell’epoca Giulio Gallera, caduto invece in disgrazia dopo le ultime elezioni, mentre la stessa sorte è toccata inoltre ad alcuni alti papaveri della burocrazia sanitaria come Franco Locatelli, Silvio Brusaferro e Agostino Miozzo. Il teorema accusatorio si concentra principalmente sulla tardiva attuazione delle misure di contenimento del contagio nei due centri della provincia bergamasca, inadempeinza che avrebbe prodotto l’orrore delle bare portate via sui camion dell’esercito, la macabra sfilata che tanto fece breccia nell’immaginario nazionale ed il cui artefice, il pennuto e perennemente mascherato generale Figliuiolo, non risulta in alcun modo indagato.In altre parole, Conte, Speranza e gli altri imputati non avrebbero fatto abbastanza per arginare il contagio, determinando con la loro indecisione un eccesso di mortalità che si sarebbe potuto evitare. L’inchiesta non sfiora nessuno dei mille aspetti controversi della vicenda, dalle mancate autopsie per disposizione ministeriale alle salme cremate per incenerire le prove, dai protocolli che raccomandavano vigile attesa alle intubazioni arbitrarie e assassine. All’epoca, ne successero di tutti i colori fra Alpi e Prealpi: si fecero vedere persino i russi con una spedizione “scientifica” giunta per fare “indagini” che oggi sarebbero considerate un atto di guerra. Questa storia della mancata zona rossa appare come la proverbiale punta dell’iceberg, e l’inchiesta della procura orobica (a voler attribuire ai magistrati, con un atto di pura e candida fede, una “buona fede” che con ogni probabilità non hanno) potrebbe essere un escamotage necessario per scoperchiare il vaso di Pandora delle malefatte pandemiche, un po’ come il celebre caso del gangster Al Capone incastrato per evasione fiscale a fronte dell’impossibilità di processarlo per i delitti di cui si era macchiato.Anche all’interno della “associazione familiari vittime del Covid”, dai cui esposti è partita l’iniziativa giudiziaria, convivono anime diverse, dai covidisti oltranzisti e irredimibili che puntato il dito per le mancate chiusure ai “risvegliati” che hanno da tempo mangiato la foglia realizzando che, per motivi ancora imperscrutabili, la loro terra è stata l’epicentro di un sinistro esperimento. Ad ogni modo, queste diverse sensibilità trovano un punto di incontro nel valutare l’ex ministro Speranza come un assassino consapevole. È già qualcosa, ma non è abbastanza. Là fuori è pieno di gente convinta di essere ancora viva grazie a Speranza, a Conte e, va da sé, al Drago (che nessun tribunale s’azzarderà mai a mettere sotto processo). L’uomo che in quei giorni era premier non per caso, come si può dire col senno di poi, si è detto “Tranquillo di fronte al Paese”, consapevole che dal contagio da propaganda non si guarisce (quasi) mai. “Invece di indagare Conte dovrebbero ringraziarlo. all’estero ce lo hanno invidiato” è il bilancio della vicenda che va per la maggiore fra i fortunati sopravvissuti a quei giorni di morte.
GR
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