Giuseppe Russo
Avanti.it
Ieri, poco prima di mezzanotte, quando i seggi delle primarie del Partito Democratico si erano chiusi da tre ore e mezzo e lo spoglio era ancora in corso, Stefano Bonaccini ha ammesso la sconfitta giungendo mestamente nel quartier generale della sua campagna, la Casa dei Popoli di Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna, dove tutte le agenzie lo davano presente già dalle 20. La “concessione” di Bonaccini, che ha anticipato di qualche decina di minuti il “discorso della vittoria” di Elly Schlein, appare quantomeno prematura, visto che il suo partito, attraverso il sito ufficiale e la propria pagina Facebook, non aveva ancora divulgato alcun dato, limitandosi, per bocca della deputata Silvia Roggiani, presidente della commissione congressuale nazionale, a comunicare prima di avere raggiunto il milione di elettori (dato a sua volta incongruo, come si vedrà di seguito) e poi di aver scrutinato l’80% delle sezioni, nell’ambito delle quali era maturato un divario incolmabile fra i due contendenti, con Elly Schlein al 53,8% e Bonaccini al 46,2%. L’indomani, quando sarebbe stato lecito aspettarsi lo spoglio del restante 20% (un quinto del totale: statisticamente è tanto), il dato riportato da tutti gli organi di informazione è rimasto lo stesso e delle sezioni “latitanti” non s’è saputo più nulla. Lo stesso sindaco di Firenze Dario Nardella aveva detto che per arrivare al risultato definitivo si sarebbe dovuta attendere tutta la notte: così non è stato, e nessuno s’è sentito in dovere di spiegare alcunché.
Nei giorni precedenti, i professionisti dell’informazione avevano dato tutto pur di spettacolarizzare queste primarie e scongiurare la diserzione di massa che si profilava all’orizzonte. Se i tre milioni e mezzo di partecipanti che nel 2007 si misero in fila per tributare il loro plebiscito a Walter Veltroni appartenengono ad un passato remotissimo che non tornerà mai più, l’auspicio era quello di non discostarsi troppo dal milione e seicentomila, numero corrispondente agli elettori che s’erano scomodati nel 2019 per scegliere fra Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti; in ogni caso, giammai si sarebbe dovuti scendere sotto la soglia del milione di votanti, indicata dai dirigenti come il minimo sindacale. In quella che è stata una giornata uggiosa quasi dappertutto, i giochi erano iniziati con la condivisione della chiamata alle armi al “ceto medio riflessivo” pubblicata il pomeriggio precedente su la Repubblica a firma Concita De Gregorio (pezzo in cui si afferma che il fascismo è al governo, che Berlusconi è cattivo perché sta con Putin e in cui si spronano i medi riflessivi con questa formula: ” Su, coraggio. Mettete un soprabito sopra la tuta, due euro in tasca e andate ai gazebo a votare.”), ed erano poi proseguiti con le notizie di centenarie che s’erano trascinate al seggio e di qualche vip che s’era messo in fila con la plebe pur di partecipare alla “festa democratica”, su tutti un Achille Occhetto con basco e pipa smanioso di votare, pure lui, per la cara Elly. Nel primo pomeriggio, hanno preso a circolare numeri che lasciavano ben sperare: alle 13 i votanti erano infatti 600000 scarsi, quantità che, proiettata all’ora di chiusura dei seggi, lasciava intendere che si sarebbe superato di slancio il milione di elettori. Eppure, nonostante sia prassi, nelle elezioni di ogni ordine e grado, che i votanti nelle ore pomeridiane e serali superino quelli della mattina, alla fine Silvia Roggiani ha comunicato che s’era raggiunto il milione auspicato e tanti saluti; pure quando ha comunicato i risultati percentuali leggendoli dallo schermo del suo telefono, la presidente della commissione congressuale non ha parlato di numeri assoluti, di cui pure avrebbe dovuto disporre (altrimenti, su quale numero di schede valide è stato calcolato il 53,8% della Schlein?). C’è da supporre, insomma, che i conti non tornino: soprattutto, appare poco plausibile il milione finali di voti espressi se rapportato ai 600000 dell’ora di pranzo.
Poco credibile appare anche la successione delle comunicazioni fornite non dagli organi ufficiali del partito, ma da YouTrend, “magazine web di tendenze sociali” diretto da Lorenzo Pregliasco, sul cui profilo twitter sono apparsi, a partire dalle ore 21, prima i risultati parziali relativi allo spoglio di alcune grandi città come Roma, Torino, Milano, Bologna e Napoli, tutte realtà in cui, capoluogo partenopeo a parte, la Schlein era in netto vantaggio, e poi, accompagnate dalla scritta sibillina “Sono dati ufficiosi parziali, non è una stima né una proiezione.”, conteggi complessivi su poche decine di migliaia di schede che vedevano sempre primeggiare la futura segretaria. La prima di queste, intorno alle 22, con 44000 schede scrutinate (un campione inferiore al 5% del totale a tener buono il dato del milione di partecipanti, anche se la stessa YouTrend giungerà poi a stimarne un milione e centomila), dava Elly Schlein addirittura vicina al 60%; con il passare dei minuti, è maturata la rimonta di Bonaccini, culminata nel 49,1% (con meno di 4000 voti di differenza) quando ad essere scrutinate erano state quasi 225000 schede, campione assai più significativo di quello citato prima. Nel frattempo, nonostante la parzialità dei dati e la latitanza della voce ufficiale del partito, sempre sul profilo twitter di YouTrend iniziavano anche a circolare le prime mappe e le tabelle con i numeri scorporati per macroaree geografiche. Fra le singole regioni, solo Toscana ed Emilia-Romagna hanno avuto l’onore del tweet dedicato: nella prima Schlein doppia Bonaccini superando i due terzi dei voti, nella seconda, la cui giunta è guidata proprio da Bonaccini, a spuntarla è beffardamente la sua rivale per poco più di mille voti. Appena passate le 23, poco dopo il controverso comunicato di Silvia Roggiani sulle percentuali, il tweet di spiegazioni che chiude la contesa persuadendo per primo Bonaccini: “Per recuperare questo svantaggio, nel restante 20% dello scrutinio Bonaccini dovrebbe imporsi con oltre 30 punti di vantaggio (65,2% a 34,8%)”. Da quel momento in poi, mentre l’ultimo campione esaminato (con Schlein poco sotto il 52%) era relativo ad un quarto delle schede, non s’è parlato più di numeri, ma di facezie come la giovane età della neosegretaria (diventata “la più giovane segretaria PD di sempre” battendo Renzi al fotofinish) e del fatto che, oltre all’Italia, solo nella Finlandia di Sanna Marin i primi due partiti rappresentati in parlamento sono guidati da donne. Stamattina, dopo un lungo sonno ristoratore, s’è ripreso a parlar di numeri (sempre e solo sul twitter di YouTrend: nessun dato sul sito del PD, mentre il profilo Facebook del partito si degnava appena di pubblicare un messaggio di buon lavoro a Schlein senza fornire alcun numero): su un campione di 300000 voti scorporati per macroregioni (e di cui venivano pubblicate le percentuali e non i numeri assoluti), Bonaccini prevaleva solo al Sud, perdendo pure nelle isole e confermando il divario abissale dalla vincitrice nel Nord-Ovest. Insomma, dieci ore dopo aver dato i risultati su un campione dell’80%, il campione stesso si è ristretto ad appena il 30%, e non è dato neanche sapere qual è il peso reale di ogni singola macroregione in base ai votanti effettivi. Ma il primo a darsi sconfitto così, sulla fiducia, è stato lo stesso Bonaccini, che ha presto costretto il suo sostenitore Nardella a rimangiarsi la promessa della “lunga notte elettorale”.
Sorprendentemente scomparsi dai palinsesti sono stati poi i voti “elettronici”, sulla cui definizione i due antagonisti si erano scornati nelle settimane precedenti. Un accordo fra i due comitati aveva limitato notevolmente la platea degli aventi diritto al voto “di nuova generazione”, ma era comunque convinzione comune a tutti gli analisti che in quella dimensione fosse Schlein a prevalere nettamente. I voti “elettronici”, inoltre, dovrebbero essere scrutinati “in tempo reale”, a differenza di quelli espressi attraverso schede cartacee, ma così non è stato, visto che nessuna testata ha trattato la questione e le tanto chiacchierate votazioni on line si sono perse nell’oblio. Al massimo, potranno dire che le schede votate digitalmente sono state poi aggiunte al conteggio delle sezioni presso le quali avrebbero effettivamente dovuto votare gli elettori on line se l’avessero fatto off line, ma sarebbe una tesi difficile da sostenere pure davanti ad una platea di piddini medi (e riflessivi). La spiegazione più plausibile è che gli sceneggiatori se la siano proprio scordata questa storia del voto elettronico: pure per quei posti, si sa, prendono solo raccomandati.
Com’è, come non è, ha vinto Elly Schlein, evviva Elly Schlein! Il piddino medio (e riflessivo) è uno che non si fa troppe domande: a ogni tornata gliela fanno più sporca della volta prima, e quello ci casca sempre. A beneficio di questo piddino “perfetto” nella sua “mediorifelssività”, stanno girando sulle gazzette gustose biografie aggiornate della nuova eroina della postpolitica: oramai usurate le sottotrame “gender fluid” e “secchiona (ma simpatica!)”, la cara Elly, la nostra Elly, la grande Elly è in queste ore, leggere come le prime d’un viaggio di nozze, adolescente ribelle nella Svizzera multietnica, giovane addestratrice di giovani obamiani, studentessa studiosa ma di corteccia godereccia, quasi sosia della Ocasio-Cortez ma con gli occhiali da sole in testa, fuoriclasse dei videogiochi, chitarrista punkommercialista (avrebbe festeggiato suonando non so che pezzo dei Green Day) ma anche “cultrice di Sanremo”, tosta ma pure simpaticamente goffa e ingenuotta (le avrebbero fregato lo zaino sul treno nei pressi di Brescia a poche ore dal voto).Secondo l’interpretazione che va per la maggiore, Elly Schlein avrebbe vinto persuadendo il popolo piddino, parapiddino e postpiddino con la sua avvolgente eloquenza e le sue promesse di radicalismo e intransigenza. Il povero Bonaccini, invece, sarebbe stato respinto, in barba alla barba, agli occhiali e alle sopracciglia, poiché percepito come troppo “moderato” e “renziano”. Con Elly Schlein il PD tornerà ad essere un partito di “sinistra”, deformando fino al grottesco le istanze che da sempre ne caratterizzano il discorso pubblico: ius soli, DDL Zan, “giustizia climatica”, “transizione digitale”, “futuro sostenibile” e via petaleggiando. A differenza dei suoi predecessori, tuttavia, Elly Schlein insiste molto sulle questioni sociali, sottolineando sempre l’importanza di tutelare quelli che lei chiama “i poveri” (è l’unica categoria per la quale non dice cose come “le povere e i poveri”), dimostrando, ove ce ne fosse bisogno, che la sua filosofia si muove nella terra promessa nel XXI secolo e non nelle paludi nebbiose del Novecento. Elly Schlein conquisterà le prime pagine fino a straripare nell’immaginario, Lei e solo lei detterà l’Agenda. Approssimandosi all’esperienza con un certo spirito, si può ben dire che ci sarà da divertirsi. Intanto, giusto per dirne una, per la prima volta una cittadina (anche) americana è diventata leader di un partito nel nostro pur servile paese. E questo è solo l’inizio: la Schleineide caratterizzerà quelli che minacciano di essere i peggiori anni della nostra vita.
[L’articolo descrive la realtà per come si presentava alle ore 17.30 del 27 febbraio]
[Aggioramento: alle 17.50, ecco spuntare dal cilindro della commissione nazionale per il congresso “i dati definitivi sull’affluenza alle primarie Pd del 26 febbraio e i risultati del voto. Votanti: 1.098.623. Schlein 587.010 (53,75%), Bonaccini 505.032 (46,25%).” Le percentuali sono uguali a quelle di quando era stato annunciato lo scrutinio dell’80% delle schede. Ci hanno messo 16 ore per far quadrare i conti]
Andrea dice
Una “giornata della memoria” in più… Pensavo che sarebbero stati sei milioni a sostenere Schlein. L’agenda rossa donatale dalla Fiom le è stata sottratta in un furto programmato e simbolico: la classe operaia andrà in paradiso, quindi non rompa le palle. I poveri verranno assistiti, e lei farà in modo che il nuovo Medioevo sia colorato come in “Excalibur”. È molto divertente, con i colori giusti, alla Altman; il confronto con il rinoceronte modenese è stato degno del miglior western “del tramonto”: “Pat Garrett & Billy the Kids”, Tanto buon cinema tornerà utile per segnalare alla Treccani on-line la voce “possibile”, come qualcuno ha già fatto con la voce “esfiltrare”, antologizzando i socialisti “del tramonto”.
Andrea dice
“Aprirsi ai riformismi. Direi meglio, riformare i riformismi” (Prodi). “La parola scatenata” fu un titolo che l’editrice protestante Claudiana pubblicò su Lutero… La Riforma e i “riformismi”: mancano i principi tedeschi che vollero appropriarsi dei beni della Chiesa cattolica… Aspettiamo fiduciosi il “Moderno Principe” che ha vestito gli abiti del Capitale. Oggi, la parola, ha lo stesso peso che un salumiere affida alla domanda rivolta al cliente: “Ho fatto venti grammi in più… Và bene lo stesso o devo togliere?” Lasci, lasci… Ho certe boccucce a casa!
Totoi dice
… una emerita sconosciuta, figlia di papà, ricca di famiglia e di suo, mai visitato una fabbrica, un cantiere edile, un campo agricolo con contadini veri, non certo alla Soumahoro, che sacrificano dalle 5 del mattino, un donno prodiano alla guida del PD… Mah così va il mondo…