Francesco Santoianni
Avanti.it
Ma com’è che un giornalista come Franco Bechis ora dirige il sito Open.online di Enrico Mentana? Intanto, un’altra domanda: perché Mentana lascia la direzione del sito?
Certo, avrebbe cose più importanti di cui preoccuparsi ora che il suo TG registra, in un solo anno, la perdita del 8,2% degli ascolti ma qualche spiegazione nel suo comunicato di commiato avrebbe potuto pur darla. Invece, nulla. Solo la vanteria di lasciare un giornale con un “conto economico solidamente in attivo” grazie a “piccole sottoscrizioni dei lettori” (delle quali non troviamo documentazione nel sito) “articoli rilanciati dalle principali piattaforme” (che, solitamente, non comportano alcun guadagno) e “inserzioni pubblicitarie” (che, comunque, su Open.online sono davvero poca roba paragonandole a quelle di altri siti).
Ancora peggio nella successiva frase: “Open non riceve nessun contributo pubblico o privato, né alcun sussidio o aiuto”. Una affermazione sorprendente considerando che (oltre ai contributi che il sito ha ricevuto per anni dalla Fondazione Cariplo) Open.online, come documenta, in questa sua pagina riceve contributi da Facebook all’interno del Third-Party Fact-checking Program.
Altrettanto sorprendente la soddisfazione di Mentana per Open.online che, a suo dire, (il sito non si è mai iscritto alle certificazioni di Audiweb) “(nel 2020) ha avuto 82 milioni di utenti e 635 milioni di pagine viste”; un risultato, comunque, non esaltante considerando che lo stesso Mentana nel 2018 prevedeva “Un milione di utenti unici giornalieri. Potenzialmente, abbiamo i numeri per diventare il primo giornale italiano”. In realtà i conti di Open.online non appaiono per nulla soddisfacenti ed è probabile che dietro la decisione di porre alla sua direzione Franco Bechis, un giornalista che non può certo dirsi prono all’establishment (si legga, ad esempio, cosa scriveva sul ruolo delle Ong in Siria, sull’idolatrato Bernard-Henry Lévy, sulla “rivoluzione colorata” in Libia, sull’obbligatorietà del vaccino anti-Covid…) ci sia la volontà di ripulire l’immagine di un sito sempre più percepito come il censore per conto del Potere.
Riuscirà Franco Bechis a rimettere in carreggiata (per citare le parole di Enrico Mentana) “un quotidiano online pensato per i giovani, gestito da giovani” rivelatisi (per citare questo sito) “indefessi sbufalatori, debunkers semicolti, abituati ad aprire le palline da ping pong rimbalzanti in rete per propinarci aria fritta, […] maestrini con la matita rossa del correttismo imperante”? Temiamo di no. Basta leggersi l’articolo del sei gennaio 2023 che pretende di “informare” sulla situazione Covid nel nostro Paese. In pieno stile Bollettino Iss, l’articolo di Open.online riporta una valanga di cifre e percentuali. Manca solo un dato: il numero giornaliero di “morti per Covid”. Ve lo diciamo noi: sono più di un centinaio, dopo 143 milioni di dosi di vaccino somministrate; quasi lo stesso numero di un anno fa quando i cenoni andavano deserti e i veglioni vietati. E rivelare questa realtà avrebbe fatto cadere come un castello di carte la credibilità di una gestione dell’emergenza Covid della quale Open.online è stata, per anni, il tabernacolo.
Andrea dice
Sono entrambi ebrei. Coprono lo spettro centro-sinistra/centro-destra, ecco tutto. Lerner, quello di sinistra/sinistra. Alemanno quello di destra/destra. Il defunto Frattini quello tecnocratico ex socialista forzitaliota; Molinari i “republicons” inscalfibili per conto dei neocon americani, anch’essi ebrei; Marcello Foa quello liberale inadatto al combattimento… Nessuna “congiura ebraica”, ma solo pedine nel piccolo scacchiere italiano: e chi, meglio degli ebrei, può interpretare il ruolo? È congeniale alla loro cultura, tutto qui. Poi, non è detto che non “scappi il morto”: il Trotzky del ’24 spara a zero contro la socialdemocrazia europea come agente del capitale americano… e la socialdemocrazia europea, in Francia e Germania, era fatta in gran parte di ebrei, a livello dirigente, come il bolscevismo e come il menscevismo. La vita politica è una storia loro lungo tutto il ‘900. È antisemitismo? No. È presa d’atto dell’incistamento di questi popolo “singolare” dentro a tutto ciò che è avvenuto di catastrofico dal dalla Rivoluzione di febbraio con l’ebreo Kerensky, fino all’ebreo Zelensky. È abbastanza stucchevole e anche abbastanza noioso.
Francesco Santoianni dice
Ritengo le sue considerazioni superficiali e anche pericolose quando ritiene che le nefandezze siano connaturate alla “cultura (degli ebrei)”. Più o meno come i tanti che davanti alla constatazione dell’Unesco (il 90% delle opera d’arte di tutto il mondo stanno in Italia) ritengono “gli Italiani: un popolo di artisti”. Sull’antisemitismo (dal quale, non capisco perché lei si dissocia) dilagante su Internet mi sa che, un giorno o l’altro, pubblicherò qui un articolo. Intanto le consiglio il bel libro “L’industria dell’Olocausto” di Norman Finkelstein, un intellettuale “ebreo” oggi additato (a torto) come “antisemita”.
Andrea dice
Conosco perfettamente Finkelstein. Non è necessario che lei metta tra virgolette la parola “ebreo” per Finkelstein. Tutti coloro che si sottraggono al ricatto dell’antisemitismo sono antisemiti. Per quanto riguarda la cultura degli ebrei la rimando a tutta l’antichità classica, dove è ben descritta, cominciando da Rutilio Namaziano. L’evoluzione di Medvedev da quinta colonna filo-occidentale che si astenne sull’aggressione alla Libia in sede Onu, al Medvedev accanitamente anti-occidentale di oggi, lei può trarre un esempio limpido di “cultura degli ebrei”. l’UNESCO forni una percentuale di circa il 70% ed è vero che l’Italia, prima dell’Unità, era un luogo dove l’arte e il bello erano connaturati ai suoi popoli. Condivido con Sismondi l’apprezzamento negativo dell’unità italiana. Non mi sono accorto del “dilagante antisemitismo” in Rete. Mi dissocio dall’antisemitismo volgare, anche perché “semiti”, oggi, come ieri, peraltro, sono solo i Palestinesi. Gli altri sono khazari, discendenti da popolazioni turche variamente incrociate, che nell’VIII secolo d.c. nell’area caspiana scelsero il giudaismo per opportunità geopolitica, poi, con la fine del regno, migrarono a nord, in Russia. I Romani non espulsero gli ebrei dalla Palestina: loro se ne andarono dopo il 70 d.c. seguendo le coste mediterranee e mischiandosi ai Berberi. La conquista della Spagna fu opera dei Berberi già islamizzati, e gli ebrei iberici stettero dalla loro parte, non da quella della Reconquista. Io amo molto Finkelstein, quindi non abbiamo nulla di cui dolerci l’uno con l’altro, se non una sfumatura di apprezzamento. Lei ha visto il lungo film autobiografico su Finkelstein? “American Radical”… Inizia così, con una barzelletta: “Per favore, che ne pensa della mancanza di carne negli scaffali?” Il russo: “Cosa vuol dire “che ne pensa”?” Il polacco: “Cosa vuol dire “carne”?”L’ israeliano: “Cosa vuol dire “per favore”?”. Io non le darò consigli di lettura: sarebbero troppi. Hanno trattato la Palestina come un appartamento vuoto e con la Bibbia in mano come fosse una carta del catasto. Il popolo israeliano ha abbondantemente dimostrato di essere razzista, anti-arabo… e fin lì potei anche apprezzarne l’onestà intellettuale, ma che l’entità sionista si definisca “stato ebraico”, come nessuno al mondo ha mai osato ed oserebbe fare, è fuori da ogni grazia dio.
Francesco Santoianni dice
Mi perdoni la pignoleria, ma la statistica dell’Unesco, a mio parere, non dimostra che l’Italia era un “luogo dove l’arte e il bello erano connaturati ai suoi popoli”, bensì che in Italia, unico esempio al mondo, la Chiesa cattolica per decine di secoli ha sponsorizzato gli artisti.
Il Contadino dice
Difficile credere che Open non riceva alcun contributo; questi si son venduti l’anima, qualcosina in cambio gliel’ avranno pur data! Altrimenti dovrei credere che Mentana &co. hanno dato via l’anima pro bono, e dove li mettiamo i senz’anima pro bono? Bisognerà aprire un nuovo girone