Giuseppe Russo
Avanti.it
L’italiano più illustre del mondo (cit. Calenda) è stato indotto a lasciare la poltrona di presidente del consiglio in seguito ad una congiura di vigliacchi irresponsabili: questa l’interpretazione che va per la maggiore, fra i sempre più imparziali e professionali professionisti dell’informazione, rispetto all’appena consumata crisi di governo. A ben vedere, la settimana di psicodramma iniziata il 14 luglio con le prime dimissioni del premier ed esauritasi con quelle definitive del 21, appare come un processo di combustione controllata del vile affarista: il Drago è stato fatto bruciare a fuoco lento in un’articolata e spregiudicata operazione di “spin”, ovvero di comunicazione politica, atta a preservarne la reputazione in vista di un suo reimpiego su altri fronti (Banca mondiale, NATO) o, ad acque più calme, un suo ritorno “a furor di popolo” sulla scena politica italiana. Il Drago è stato insomma lasciato bruciacchiare affinché non si bruciasse del tutto.Tutto questo a prescindere dalla sua volontà personale, che in questa vicenda è il fattore che ha pesato di meno.
I “congiurati” antidraghisti si sono in effetti rivelati dei vigliacchi: nessuno ha osato mettere la faccia su questa crisi votando no alla fiducia o ritirando i ministri dal governo, atti che avrebbero comportato l’immediata defenestrazione del Drago senza la settimana di manfrine mattarelliane (e senza che potesse prendere corpo l’operazione di “spin”). I (presunti) congiurati hanno anzi finito con l’accusarsi l’un l’altro del draghicidio, facendo professione di draghismo fino alla fine: il cosiddetto “centrodestra di governo”, ovvero l’asse Salvini – Berlusconi che ha provato a capitalizzare i “colpi di testa” di Giuseppe Conte, ha chiesto un Draghi bis depurato dei 5 Stelle, mentre l’avvocato del popolo, dopo aver perso, come da copione, ogni residuo di credibilità, ha provato con una disperata manovra dell’ultimo secondo a riaccreditarsi come “responsabile” scaricando sugli altri la colpa del misfatto.
All’atto pratico, il Drago non è mai stato sfiduciato ed ha sempre conservato la maggioranza: per lui si erano attivate anche pattuglie di grillini pentiti fuori tempo massimo e pronti a seguire Giggino Di Maio nel suo draghismo oltranzista. Egli avrebbe potuto tentare una riconciliazione alla quale tutti i protagonisti s’erano detti sensibili, ma si è guardato bene dal farlo, preferendo menare sferzanti fendenti a destra (tutte le questioni politiche sollevate da Salvini – che era già in campagna elettorale – sono state respinte al mittente) e a manca: Conte è stato a più riprese umiliato, consumando fino in fondo la sua parabola discendente. Nel mentre, prendeva corpo la sfacciata operazione di “spin” di cui sopra, con i palinsensti riempiti di appelli al Drago e altra paccottiglia: sono giunti persino ad inventarsi un barbone che, partecipando al flash mob romano, avrebbe fatto professione di fede draghista, giusto per stemperare la patina borghese e fighetta delle “mobilitazioni”. Di fatto, è stato creato ad arte uno stato d’animo collettivo che lascerà un’eco nell’immaginario: quando il Drago, nel suo discorso di commiato al Senato, ha avuto l’ardire di dire “Sono qui solo perché me lo hanno chiesto gli italiani”, ha preso forma una sorta di “populismo dall’alto”,(o di tecno-plebiscitarismo) che sarà la cifra politica dell’avvenire. Per i Padroni del Discorso, temere i Draghi non basta più: bisogna amarli.
A questo punto, mentre montano a reti unificate gli osanna senza contraddittorio, appare cosa buona e giusta fare un bilancio spassionato di questo anno e mezzo di draghismo di governo. Del resto, non era mai capitato nella storia d’Italia che un campione del genere si sporcasse le mani con la gestione della cosa pubblica, nè era capitato, salvo nei convulsi processi successivi alla Seconda Guerra Mondiale ed ai tempi del sequestro Moro, che si insediasse un governo con un appoggio parlamentare di tale ampiezza. Il Drago passerà alla storia per la campagna vaccinale con ricatto e per l’istituzione del Green Pass con annesso apartheid dei “no vax” ed arbitrarie sospensioni di lavoratori con il plauso unanime dei sindacati confederali; verrà ricordato pure per l’aggressione vessatoria all’economia reale, i cui pezzi migliori verranno svenduti, come da miglior tradizione vile e affaristica, al peggior offerente, e quel che resta verrà raso al suolo; soprattutto, si serberà memoria della crisi energetica da lui innescata assecondando i pruriti bellicisti e russofobici delle amministrazioni Biden e Johnson: gli effetti ce li godremo il prossimo inverno. Intanto, anche se solo per gli “affari correnti”, al governo resta lui, al riparo dalle trappole e dalla campagna elettorale: oltre a partecipare ai vertici internazionali, egli potrà anche essere investito, in caso di “emergenze” e con il benestare della presidenza della repubblica, della facoltà di legiferare per decreto. Insomma, tutti lo rimpiangono, ma lui è ancora lì, e non è detto che si tratti delle ultime fiammate. Gli sfracelli invernali che tutti paventano potrebbero richiedere una nuova “unità nazionale” a prescindere, chiaramente, dall’esito delle elezioni. Certe volte anche il cuore di un banchiere centrale viene usato.
Umberto dice
Nei gioco forza del sottosviluppato Draghistan , si possono trovare analogie con il non troppo lontano Atelier, che a prodotto le stristemente famose camicie nere. Con l’ovvia attualissimo di essere dotati a differenza dei neo-primitivi fascisti, sia, di paracadute a fabbricazione Atlantista, e di una corposa scorza ministeriale di pannolini lavabili. Personalmente credo che non sentiremo più parlare di Drago, non perché le sue gesta eroiche, contro il popolo indifeso, verranno scordate. Ma bensì perché i tempi biblici in cui tutti siamo testimoni, lo renderanno obsoleto in un battere di ciglia. Per descrivere con un leggero eufemismo la situazione politica italiana. E come se uno dovesse, contare usando delle bacchette cinesi: il grado di infezione da vermi intestinali, nelle sue feci, dopo averle amorosamente espulse. Certo molti italiani oramai stitici e affetti da costipazione congenita, non possono ne permettersi un ristorante cinese , tantomeno fare la conta dei vermi, che gli riverbero proposti come spuntino gourmet, che affollata il (ormai fu) parlamento italiano. Quindi mettiamoci una pezza sopra. Da qui in poi sarà solo una caduta libera verso lo sciacquone che inesorabilmente, attende la gloriosa nazione italiana. L’unica soluzione di cambiamento possibile, parte da noi. È da quanto potremmo opporre, con coraggio e onesta personale sviluppando una politica porta a porta, spalla a spalla, veramente etica e morale. Questo è un compito difficile per ogni uno di noi. Un cambiamento radicale, in ogni aspetto del nostro quotidiano, impossibile per chi è già completamente colluso con il sistema attuale. E se vogliamo anche per chi non sarà adeguatamente capace è cosciente di saper pescare la vera coerenza dal mondo spirituale. Perché il Draghistan e’ a mio avviso l’apice della stupidità e arroganza umana. La politica fatta spalla a spalla. Fianco a fianco può esistere solo tra persone con le vertebre cervicali dritte. Scusate il papiro….