Angelo Serafini
Avanti.it
Sabato oltre 80mila israeliani hanno marciato a Tel Aviv per protestare contro la riforma della giustizia che permetterebbe alla Knesset, il parlamento israeliano, di ribaltare una sentenza della Corte Suprema con una maggioranza semplice. In questo modo la maggioranza al governo avrebbe un potere assoluto, rendendo l’opposizione in parlamento e la Corte Suprema inutili. I manifestanti descrivono la norma come un attacco alla democrazia, sostenendo che eliminerebbe l’indipendenza dei giudici, alimenterebbe la corruzione, priverebbe la corte israeliana di credibilità e metterebbe a rischio i diritti delle minoranze tra cui per esempio, gli arabo-israeliani e i palestinesi. Tutto ciò segue la formazione di un nuovo governo di coalizione con l’estrema destra caratterizzato da una forte componente religiosa ed estremista sionista, che non ha eguali nella storia del paese.
“I miei genitori sono fuggiti da un regime non democratico per vivere in una democrazia”, ha dichiarato una manifestante in lacrime sostenendo di essere una sopravvissuta dell’olocausto di seconda generazione “sono fuggiti da un regime totalitario per vivere liberi. Vedere la fine di tutto ciò è un colpo al cuore.”
Altri cortei si sono svolti anche fuori la residenza del primo ministro a Gerusalemme e nella città settentrionale di Haifa, come riportato dai media locali. Un gruppo di manifestanti si è scontrato con la polizia mentre tentava di bloccare l’autostrada Ayalon, la principale di Tel Aviv. Tra gli oppositori c’è anche il capo della Corte Suprema, Esther Hayat e i partiti di opposizione che hanno chiesto alla popolazione di partecipare ai cortei per “salvare la democrazia”.
I critici credono anche che in questo modo Netanyahu potrà evitare i processi che lo aspettano per numerose accuse di corruzione e frode.
Ma soprattutto se la riforma fosse attuata, il governo potrebbe legiferare in favore delle colonie israeliane costruite nella Cisgiordania occupata che non sono riconosciute internazionalmente, senza che la Corte Suprema possa opporsi.
Infatti, proprio alla fine del mese scorso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione promossa dai palestinesi chiedendo alla Corte Internazionale di Giustizia di valutare il conflitto israelo-palestinese, l’annessione israeliana e lo status legale dell’occupazione. Dopo l’approvazione della risoluzione da parte dell’ONU, Israele ha deciso per ritorsione di detrarre fondi dall’Autorità palestinese, concessi a beneficio delle vittime del terrorismo israeliano, ha revocato il permesso di viaggio speciale del ministro degli esteri dell’Autorità palestinese e ha negato benefici ad alcuni funzionari palestinesi, tra le altre misure.
Così lunedì, più di 90 paesi hanno chiesto a Israele di revocare tali misure adottate contro l’Autorità palestinese.
La nuova coalizione estremista israeliana, al governo da circa un mese, è ormai senza freni, e sta gettando definitivamente la maschera di stato democratico e progredito messo alle strette dagli incivili vicini arabi. Una narrazione alla quale fortunatamente non molti credono più, ma che l’occidente imperialista ha continuato ad alimentare per i propri interessi di controllo nella ricca area strategica del Medio Oriente. Ormai le violazioni delle leggi internazionali e dei diritti umani, che in realtà avevano già superato il limite da molti decenni, sembrano indignare sempre più la comunità internazionale, ma non è chiaro se tale indignazione avrà un reale effetto, oppure lo stato sionista potrà continuare indisturbata con l’appoggio dell’occidente.
Inoltre, è fondamentale capire che Israele è uno stato che distingue i propri cittadini su base etnica e religiosa, comprendendo diversi diritti e doveri, ad esempio il servizio militare obbligatorio viene richiesto ai cittadini ebrei, ma non ai musulmani arabo-israeliani, questi ultimi sono una minoranza, rappresentata anche in parlamento, che discendono principalmente dai palestinesi che hanno deciso di rimanere nel nuovo stato dalla sua fondazione nel 1948 e assumerne la cittadinanza.
Già nel 2018 il precedente governo di Netanyahu aveva promulgato una legge che dichiarava Israele uno stato esclusivamente ebraico, con l’idea di discriminare tra due categorie di cittadini. Ora con questo governo estremista, se venisse meno l’ostacolo della Corte Suprema, potrebbero essere varate leggi ancora più discriminatorie nei confronti di tali minoranze, infatti tra gli ambienti sionisti più estremi non è rara l’idea di legare la cittadinanza israeliana esclusivamente su base etnica-religiosa per privare della cittadinanza, espellere o deportare le minoranze non di religione o etnia ebraica. Ma le politiche eugenetiche e razziali sembrano essere diffuse in Israele persino tra gli ebrei, è impossibile dimenticare infatti il caso delle sterilizzazioni forzate praticate di nascosto alle donne ebree etiopi, e che come denunciano le associazioni umanitarie potrebbero essere legate alla diminuzione del tasso di natalità del 50% in quella etnia nell’ultimo decennio.
Politiche eugenetiche e razziali non dissimili, insomma, da quanto fatto da Hitler nel Terzo Reich, e senza nemmeno l’opposizione della Corte Suprema, potrebbero ora venire sdoganate alla luce del sole.
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