Giorgia Audiello
Avanti.it
Nelle ultime settimane la questione moldava è tornata al centro dell’attenzione internazionale a causa del ruolo che il paese potrebbe svolgere all’interno della guerra russo-ucraina, con le due parti belligeranti che si accusano reciprocamente di voler trascinare la piccola repubblica ex sovietica nel conflitto. La grande paura del governo filo-occidentale moldavo e dell’amministrazione ucraina, infatti, è che Mosca lavori per rovesciare il governo del paese al fine di scongiurare il suo ingresso nell’Unione europea, sebbene non vi siano prove al riguardo. Inoltre, la Moldavia negli ultimi anni ha chiesto più volte il ritiro delle truppe russe dalla Transnistria e ha fatto trasparire in modo sempre più esplicito la sua intenzione di “riprendere” la regione separatista filorussa anche attraverso l’adozione di una legge contro il separatismo. L’“isterismo” antirusso del governo “europeista” moldavo è ora incrementato dalle soffiate ucraine su presunti piani russi per la distruzione della Moldavia, probabilmente anche per distogliere l’attenzione russa dalle zone calde del conflitto in Ucraina, considerato che a est è attesa una nuova massiccia offensiva delle forze moscovite. Kiev fa inoltre pressioni sul governo di Chișinău perché risolva la questione della presenza russa in termini militari e politici nella Transnistria secessionista. Dal canto suo, Mosca ha negato ogni accusa, sostenendo, invece, che Kiev pianifichi un attacco false flag da attribuire ai russi come pretesto per l’intervento militare.
Il tutto però va inquadrato anche nella profonda crisi socioeconomica che sta vivendo la piccola repubblica esteuropea: la gravissima situazione economica e demografica del paese, infatti, ha portato la popolazione ad essere sempre più critica nei confronti dei governi filo occidentali, tanto da chiedere insistentemente le dimissioni di quello guidato dall’ormai ex primo ministro Natalia Gavrilita, dimessasi lo scorso 10 febbraio. La stessa premier moldava ha spiegato che il suo esecutivo gode del sostegno dei partner internazionali ma non della maggioranza della popolazione. Per distogliere l’attenzione dal forte malcontento popolare generato da un’inflazione alle stelle, in aumento del 30% negli ultimi 12 mesi, dunque, il governo ha sfoderato lo spettro della minaccia russa nel tentativo di incutere il timore che la Moldavia possa seguire le stesse sorti dell’Ucraina. In realtà, dopo la caduta del governo, le manifestazioni di opposizione organizzate dal partito filorusso Sor sono aumentate, così come le accuse verso la presidente Maia Sandu di essere troppo vicina alla NATO.
La Sandu, pochi giorni dopo le dimissioni di Gavrilita, in una conferenza stampa aveva apertamente denunciato il “complotto russo”: «il piano prevede azioni con il coinvolgimento di sabotatori con addestramento militare, mimetizzati in abiti civili, che intraprendano azioni violente, attacchino edifici statali e prendano ostaggi» al fine di «rovesciare l’ordine costituzionale», mettere il paese «a disposizione della Russia» e «fermare il processo di integrazione europea», aveva detto la presidente. Le sue dichiarazioni arrivavano dopo quelle che il leader ucraino Volodymyr Zelensky aveva rilasciato al Consiglio europeo: «Abbiamo intercettato i piani della Russia per distruggere la Moldavia, per spezzare la democrazia moldava e stabilire il controllo sul paese: appena lo abbiamo intercettato ho avvisato la presidente Maia Sandu e sono sicuro che voi avreste fatto lo stesso». Un avvertimento che arriva anche per spingere il governo moldavo ad accelerare per allontanare le truppe russe dalla Transnistria, regione che presenta lampanti somiglianze politiche e culturali con il Donbass: la presenza militare di Mosca nell’area – seppure come forza di pace – disturba molto, infatti, l’amministrazione di Kiev. La Transnistria è uno Stato indipendente de facto a larga maggioranza russofona non riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale: nel 1991, quando la Moldavia divenne indipendente dall’Unione Sovietica, inserendo tra i suoi possedimenti anche il territorio della repubblica separatista, lo scontro ci mise poco a divampare: dal marzo al luglio del 1992 si scatenò una guerra tra Moldavia e Transnistria, terminata con un cessate il fuoco garantito da una commissione congiunta tripartita tra Russia, Moldavia e Transnistria e dalla creazione di una zona demilitarizzata. Con il determinante aiuto di Mosca, la repubblica separatista ebbe facilmente il sopravvento su Chișinău. Da allora, la Russia mantiene sul territorio circa 1.500 soldati divisi tra le truppe deputate al «mantenimento della pace» e quelle inquadrate nel cosiddetto Gruppo operativo delle forze russe, a difesa dei depositi di munizioni di Cobasna/Kolbasna. Nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, il governo della Transnistria aveva chiesto l’adesione alla Federazione Russia.
Proprio il deposito di munizioni situato vicino al confine ucraino potrebbe essere motivo di preoccupazione e di tensione tra Russia e Ucraina qualora la prima decidesse di utilizzare le armi ivi presenti nel conflitto in corso oppure qualora la seconda tentasse di distruggerlo per impedirne lo sfruttamento da parte di Mosca. In ogni caso, Kiev agita lo spettro della Moldavia per ottenere l’attenzione occidentale e dimostrare che le mire di espansione di Putin non si fermano.
Tuttavia, l’ipotesi che i russi decidano di allargare il conflitto in Moldavia è, per ora, remoto, salvo un attacco ucraino alla Transnistria sotto “falsa bandiera”: Mosca, infatti, accusa direttamente Kiev di voler destabilizzare militarmente la situazione nella regione separatista per alzare il livello dello scontro ed eliminare una zona filorussa ai confini con l’Ucraina. «Secondo le informazioni disponibili, nel prossimo futuro, il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica moldava di Pridnestrovian (Transnistria), che sarà effettuata da unità delle forze armate dell’Ucraina, anche con il coinvolgimento della formazione nazionalista Azov», ha scritto mercoledì 22 febbraio su Telegram il ministero della difesa russo, ripreso dalla Tass. «Il ministero della difesa russo sta monitorando attentamente la situazione al confine dell’Ucraina con la Repubblica moldava di Pridnestrovian ed è pronto a rispondere a qualsiasi cambiamento della situazione». Da qui si spiega anche la recente revoca da parte di Putin del decreto del 2012 che riconosceva la sovranità della Moldavia anche nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria. Ora però il contesto dei rapporti con l’Occidente è cambiato radicalmente rispetto al 2012 e il Cremlino in caso di eventuale attacco alla regione separatista difficilmente resterà a guardare: dunque, tutte le opzioni sono possibili con il ministero della difesa pronto a intervenire.
La Moldavia sta diventando, dunque, strumento per un possibile – anche se non ancora probabile – allargamento dello scontro, stretta tra le aspirazioni europeiste che la allineerebbero alla Nato in funzione antirussa, da un lato, e una popolazione sempre più frustrata dalla grave crisi socioeconomica che vede nei governi finora succedutisi dei meri rappresentanti delle istanze occidentali. Secondo un sondaggio, infatti, solo il 35% dei moldavi sarebbe favorevole ad un’unione con la Romania. Il piccolo Paese si trova, dunque, travolto dall’incertezza e impossibilitato a difendersi nello scontro tra est e ovest, tra Russia e Occidente, con quest’ultimo che sicuramente strumentalizza la regione per sottrarre a Mosca quelle che un tempo erano le sue “sfere d’influenza”, cercando di ampliare – di contro – la profondità d’azione della Nato verso Est.
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