Oggi è iniziato un nuovo punto di non ritorno della geoeconomia mondiale: il mondo a guida americana ha posto un’altra netta cesura con quello che si profila sempre più, nelle intenzioni dichiarate della mafia globalista al Bilderberg, come un blocco orientale distinto, economicamente e culturalmente, dall’occidente. L’inizio di questa settimana sancisce infatti l’entrata in vigore dell’embargo al petrolio russo via mare da parte di Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Giappone e Regno Unito, come conseguenza del pacchetto di sanzioni imposto a giugno, secondo il quale tutte le importazioni di petrolio russo via mare, ad eccezione della Bulgaria e delle forniture via terra attraverso gli oleodotti Druzhba verso Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, saranno interrotte; a questo si aggiunge il tetto al prezzo del petrolio russo trasportato via mare da parte dei paesi del G7 (Stati Uniti, Canada, Giappone, Italia, Francia, Germania, Regno Unito) Unione Europea e Australia, ovvero il divieto alle compagnie di spedizione facenti capo ai paesi suddetti di trasportare il petrolio estratto in Russia se il suo prezzo non è uguale o inferiore a una cifra fissata in 60 dollari al barile – cifra contestata dal pupazzetto Zelens’Kyj, raggiunta dopo una lunga discussione proprio a ridosso della data di entrata in vigore, soprattutto a causa delle insistenze della Polonia, decisa ad abbassarlo alla metà – e che verrà aggiornata ogni due mesi. Quest’ultima misura, diversamente dall’embargo, preoccupa davvero Mosca, in quanto il traffico petrolifero marittimo è saldamente in mano agli spedizionieri occidentali, e i paesi del G7 detengono anche la proprietà della massima parte delle compagnie assicurative e gli istituti di credito legati alle spedizioni di idrocarburi; quindi, a differenza dell’embargo che può essere facilmente aggirato tramite il passaggio della merce in paesi neutrali come la Turchia e l’Azerbaijan (così in effetti avviene con parte del gas), questa norma difficilmente potrà essere aggirata: secondo una fonte di Reuters, si è preparato un decreto atto a proibire ad aziende e commercianti russi di interagire con le compagnie e i funzionari dei paesi che hanno aderito al tetto, così come è stato allestito un meccanismo di controllo su tutte le aziende attraverso le quali passa un carico di greggio russo per arrivare nei paesi aderenti. La giustificazione di questo vero e proprio atto di guerra economica da parte di nazioni coinvolte con armi e mercenari nel conflitto russo-americano in Ucraina è ovviamente di tipo etico, ovvero impedire alla Russia di finanziare la propria aggressione dell’Ucraina; che suona ancora più ridicola se si considera che fino a ieri il prezzo del barile russo era di 67 dollari. Proprio per la bassissima entità del danno, anche la Cina ha aderito informalmente al tetto, secondo RIA Novosti, mentre Mosca promette che non venderà il proprio greggio alle condizioni imposte dalla galassia americana, a costo di tagliare la produzione: “La decisione [sulle misure di ritorsione] è ancora in fase di preparazione, ma, ovviamente, una cosa è ovvia. Non riconosceremo alcun tetto ai prezzi”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov ai giornalisti durante una conferenza stampa stamattina, aggiungendo: “Una cosa è ovvia e indiscutibile: l’adozione di queste decisioni è un passo verso la destabilizzazione dei mercati energetici mondiali” (Russia Today) e ieri Alexander Novak, vice primo ministro russo, aveva affermato: “Riteniamo che questo strumento sia contrario al mercato, inefficiente e interferisca pesantemente con gli strumenti di mercato, contrario a tutte le regole, come quelle del WTO. Non abbiamo alcuna intenzione di adeguarci alle regole del tetto dei prezzi. Stiamo lavorando in questo momento a meccanismi per proibire l’uso del tetto”. Strano che Mosca, pur sapendo da tempo che si sarebbe giunti a questo punto, non abbia ancora elaborato una strategia per rispondervi: che stia temporeggiando, in attesa di capire quanto effettiva sarà l’applicazione della misura? Intanto, già nel Mar Nero, in acque turche, si è registrato un ingorgo di petroliere che hanno ricevuto ordine di non rispettare il tetto al prezzo, mentre in Asia il greggio russo si è venduto proprio oggi a 79 dollari al barile: e se la risposta russa fosse già iniziata?
MDM
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