Francesco Santoianni
Avanti.it
Spuntano come funghi, vedi Bologna o Roma, blocchi stradali, tenuti da attivisti del clima, in particolare, quelli di Extinction Rebellion, santificati da Repubblica e finanziati da Soros e altri “filantropi”. Blocchi stradali e altri gesti eclatanti ad uso dei media che si direbbero fatti solo per far rinascere il movimento Fridays for future che, seppure sponsorizzato da una miriade di multinazionali, si trova oggi a scontrarsi con la scelta di numerosi paesi dell’Unione Europea che, di fronte ad una impennata dei prezzi delle bollette del gas e dell’elettricità (che l’Unione europea ha creato affidandosi ai pescecani della borsa TtF di Amsterdam) rinnegano le loro promesse green e riaprono, come se niente fosse, le miniere di carbone. E tutto questo mentre si susseguono buffonate, come la conferenza ONU sul clima Cop27 (incredibilmente, sponsorizzata dalla Coca Cola, leader per la diffusione di anidride carbonica) che, per arginare l’“emergenza climatica”, promettono l’azzeramento, entro il 2050, delle emissioni di CO2.
Intanto dilagano le fake news sull’ “impazzimento del clima” responsabile dell’estate “più calda di sempre” (in realtà, tra quelle correttamente registrate, la più calda è stata quella del 1979), su siccità di inaudita gravità (nel 1962 ci furono fino a 200 giorni senza pioggia) e su, innumerevoli, e sempre più gravi disastri. Una terroristica informazione che come quella sul Covid pretende, in nome della Scienza, di imporre vessatorie misure. Come quelle prefigurate da Christiana Figueres, già segretario esecutivo della struttura dell’ONU sul cambiamento climatico, che auspicava una “trasformazione centralizzata” in quanto “la democrazia è un sistema di governo scadente per combattere il cambiamento climatico”.
Davvero sospetta questa consonanza tra una emergenza climatica che dovrebbe essere affrontata con un ferreo ordine mondiale, affidandosi ciecamente agli “esperti” e ad una soluzione impossibile ad attuarsi quale l’azzeramento, entro il 2050, delle emissioni di anidride carbonica, e l’emergenza Covid dove la soluzione sarebbe stata l’impossibile eradicazione del virus Sars-Cov-2 attraverso continue vaccinazioni e perpetui lockdown.
Si direbbe, quindi, che, anche questa volta si voglia creare un perpetuo stato di paura alimentato da una emergenza che non avrà mai fine e dalla caccia ai “negazionisti” (come 1.100 scienziati del clima di tutto il mondo, guidati dal premio Nobel per la fisica Ivar Giaever). Una operazione che si direbbe meramente funzionale a una gigantesca ristrutturazione produttiva e sociale.
Anche perché quello che prospettano i talebani del dogma del climate change è la costruzione di nuove centrali nucleari o diete a base di insetti, mettendo sotto il tappeto tutte le nefandezze dell’iperproduzione capitalistica. Ad esempio, i dispositivi (ma lo stesso può dirsi per innumerevoli altri prodotti) caratterizzati da obsolescenza programmata e cioè destinati ad essere buttati via al più presto per essere sostituiti con nuovi. Uno scempio ambientale (è stato calcolato che prolungare di un solo anno la durata di vita degli smartphone e di altri dispositivi elettronici farebbe risparmiare all’Europa una quantità di emissioni di carbonio pari a quella che si otterrebbe togliendo dalle strade 2 milioni di automobili all’anno) per mitigare il quale, al di là di qualche iniziativa di facciata e tante chiacchiere nei convegni, nulla di concreto è stato fatto.
A differenza di sbandierate “iniziative antinquinanti” come le auto elettriche che generano, sì, emissioni sì fino a 29 volte più basse rispetto ai veicoli endotermici ma la cui costruzione (soprattutto l’estrazione dei materiali per la costruzione delle batterie) produce una gigantesca disseminazione di anidride carbonica e di elementi tossici. Nonostante ciò, per il 2035, l’Unione europea vieterà l’uso di auto a combustibile fossile: un salasso per milioni di persone che dovranno dotarsi di auto elettriche (molto più costose e meno durature di quelle a benzina o a gas), una pacchia per i produttori di auto che, così, potranno riprendersi da una crisi che si perpetua da decenni.
Il tutto mentre si tenta di ridare lustro ai santoni del dogma del climate change. Prima tra tutti Greta Thunberg: una bambina scelta da una agenzia di pubbliche relazioni e da Al Gore, sostanzialmente, per il suo essere malata (Sindrome di Asperger); cosicché ogni critica rivolta a lei finiva per essere vista come una infamia espressa da persone senza cuore. Incensata dai media, qualunque cosa dicesse, il suo trionfo è stato uno strampalato discorso tenuto, nel 2019, all’Onu.
Non era, comunque, la prima volta che la causa ecologica vedeva bambini esibirsi all’ONU. Severn Suzuki – conosciuta come “La bambina che zittì il Mondo per sei minuti”, nel 1992, suscitò un mare di applausi alle Nazioni Unite terrorizzando con il famigerato “buco dell’ozono” (oggi scomparso, nonostante il fallimento del Protocollo di Montreal sui clorofluorocarburi) che, comunque, non fece presa nell’opinione pubblica visto che non era cominciata ancora la guerra commerciale alla Cina; e così Severn Suzuki non se la filò nessuno.
Sorte identica per un altro bambino applaudito all’ONU – Felix Finkbeiner che proponeva di piantare miliardi di alberi per assorbire l’inquinamento. Idea meno balzana di quanto possa apparire a prima vista ma che, non facendo arricchire nessuno, scomparve dai media. Anche perché allora non c’era la spaventosa crisi che attanaglia oggi l’economia capitalista e che si spera di risolvere spendendo circa 100.000 miliardi di dollari per “fermare il Climate Change”.
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