Il ministro francese dell’economia Bruno Le Maire, uno di quelli che “hanno messo la faccia” sulla riforma delle pensioni, ha appena pubblicato, per il prestigioso editore Gallimard, la sua ultima fatica letteraria, il romanzo Fugue Américaine, stralci del quale sono finiti nel tritacarne social per via delle esplicite descrizioni di rapporti sessuali. Le Maire è un autore prolifico che fra narrativa, saggistica e memorialistica ha già dato alle stampe una decina di opere, tutte accolte dal plauso della critica. Fra queste, il romanzo Musique absolue. Une répétition avec Carlos Kleiber del 2012 (pubblicato in Italia dalla casa editrice De Ferrari con il titolo Musica assoluta. Prova d’orchestra con Carlos Kleiber), in cui il politico-scrittore si abbandona a rappresentazioni della vita politica cariche di cinismo, mettendo in bocca al suo protagonista affermazioni come “Chi ha successo in politica è colui che sopporta più a lungo questo circo”. Pur essendovi degli inserti “erotici”, i romanzi di Le Maire hanno l’ambizione di essere alta letteratura, e non libri da discount alla Cinquanta sfumature di grigio: sedicente esegeta di Marcel Proust, la sua prosa è stata accostata dai critici a quella di Michel Houellebecq, il quale di rimando ha fatto del ministro un personaggio del suo ultimo romanzo Annientare trasfigurandolo nella figura di “Bruno Juge”. Le Maire è in tutto e per tutto un esponente dell’élite francese: nato e cresciuto a Neuvilly-sur-Seine, il sobborgo parigino in cui vive la créme della società, diplomato all’École nationale d’administration, la fucina della classe dirigente transalpina, sulla soglia dei trent’anni dopo avere assecondato i pruriti giovanili conseguendo un master in letteratura (con tesi proprio su Proust), ha sviluppato una carriera da tecnocrate prestato alla politica crescendo all’ombra di Dominique de Villepin, più volte ministro e capo del governo dal 2005 al 2007, di cui è stato capo di gabinetto. La sua è stata una parabola “à la Macron”: prima si è fatto apprezzare come “tecnico” portando a termine operazioni complicate come quella relativa alla privatizzazione delle autostrade, indi è stato promosso nella “politique politicienne”, diventando nell’ordine deputato, ministro degli affari europei e ministro dell’agricoltura, posizione nella quale si è fatto notare per il suo fervente “europeismo” in materia di quote latte e altre bagattelle. Esponente della tradizione “gollista”, Bruno Le Maire è stato cooptato dal macronismo all’indomani delle elezioni del 2017, nonostante avesse detto peste e corna di Macron in campagna elettorale e fosse stato in prima persona coinvolto nella battaglia per succedere a Nicolas Sarkozy quale leader della destra francese “classica”, candidandosi alle primarie di partito del 2016 con una piattaforma turboliberista e apertamente antisindacale (aveva proclamato di voler governare “per decreto”), ma senza scaldare i cuori: solo il 2% dei partecipanti votò per il politico-scrittore. Nell’era macronista Le Maire è stato longevo ministro dell’economia e delle finanze, mantenendo tale carica nei tre governi che si sono succeduti. Per il suo radioso futuro ci sono due ipotesi: la direzione del Fondo Monetario Internazionale o la candidatura alle presidenziali francesi del 2027, in vista delle quali il processo per trovare l’erede di Macron è già cominciato. La gogna pubblica per l’erotismo letterario di questo macroncino, in un momento in cui la sua figura è associata all’impopolare riforma pensionistica ed il suo operato è sotto accusa anche presso la stampa “amica” per l’inflazione ed il declassamento finanziario della Francia, potrebbe essere legata ad un’operazione di intelligence neanche troppo raffinata: d’altra parte, il fecondo romanziere aveva scritto cose assai più compromettenti nelle opere precedenti e nessuno si era preso la briga di andarne a fare la filologia. Qualcuno nelle profondità di Parigi, insomma, non vuol bene a Le Maire e ha battuto un colpo di avvertimento. Fra i rivali del ministro dell’economia per il 2027, ci sono altri politici prestati alla letteratura, come l’ex capo del governo Édourd Philippe e la ministra “glamour” Marlene Schiappa. Il primo, protagonista di un percorso politico affine a quello di Le Maire, è autore di un thriller a sfondo politico scritto a quattro mani con il suo storico collaboratore Gilles Boyer, oggi eurodeputato. Il protagonista di Dans l’ombre del 2011 è l’alter ego di Philippe che dà sfogo a fantasie erotiche (definite “misogine” e “fallocratiche”) mentre si fa strada nei piani alti della politica fra corruzione, delitti e brogli elettorali. La Schiappa, dal canto suo, che è pure apparsa di recente sulla copertina di Playboy (con la didascalia “una ministra libera”) ha scritto una trentina di libri: si va dai saggi “seri” sul femminismo e sulla maternità ai romanzucci e raccontini sbarazzini pubblicati sotto lo pseudonimo di Marie Minelli con titoli come Sexe, mensonges et banlieues chaudes (“Sesso, bugie e periferie calde”) oppure 20 histoires de voyeurs et d’exhibitionnistes, per non parlare delle guide 150 endroits où avoir fait l’amour au moins une fois (“150 posti dove avete fatto l’amore almeno una volta”) e Comment transformer votre mec en Brad Pitt en 30 jours. Quella del darsi lustro attraverso la letteratura, “alta” o “bassa” che sia, è una costante della politica francese del secondo dopoguerra: De Gaulle e Mitterand sono stati prolifici memorialisti, mentre Valéry Giscard d’Estaing diede alle stampe un romanzo esplicitamente “erotico”, Le passage, nel 1994, e persino Sarkozy ha messo la firma su diversi volumi. Solo quella, con ogni probabilità: come rivelato già nel 2011 da Jean-Paul Brighelli, i politici che vogliono scrivere un libro si affidano ai servigi di “negri” (come vengono definiti nel gergo delle case editrici) che lo scrivono in loro vece. Brighelli è uno di questi, e in un’intervista a le Parisien fa il nome di un paio di pesci piccoli di cui ha scritto, equamente retribuito, le opere complete. Chissà chi ha scritto i romanzi di Veltroni e Franceschini, i due politici italiani più avvezzi alle pratiche letterarie. Che l’autore sia stato qualche “negro” nostrano oppure no, le opere dei due piddini (entrambi insigniti della Legion d’Onore, massima onorificenza della repubblica francese) non contengono dettagli scabrosi né retroscena succulenti, ma li elevano, agli occhi della loro “gente”, al rango di “politici-artisti”, degni di stima a prescindere dal loro operato tutt’altro che “artistico”. In definitiva, anche i romanzi scritti dai politici rientrano nel grande romanzo della politica, quello che viene scritto alle spalle del popolaccio illetterato.
GR
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