Don Vincenzo De Luca, proprio lui, ha annunciato che il coviddi è finito. L’imperatore campano ha regalato una Pasqua serena ai suoi sudditi comunicando loro che al 7 aprile nella regione da lui governata non c’era nessun cristiano in terapia intensiva, e i famosi “casi” erano appena 33 su 100000 abitanti. Ancora a Natale raccomandava di mettersi la mascherina per non finire al camposanto e si univa al coro di quelli che invocavano restrizioni verso la Cina che aveva scriteriatamente riaperto tutto scatenando un’ecatombe. A proposito: ma non dovevano (ri)morire tutti i cinesi? Annunci simili sono stati fatti anche all’estero: in Germania il ministro della salute Karl Lauterbach, già vaccinista oltranzista, ha dichiarato ufficialmente la fine della pandemia, mentre in Grecia è decaduto l’obbligo di indossare le mascherine sui mezzi di trasporto pubblico. Anche sul fronte dei viaggi internazionali la situazione si è normalizzata: persino il costo dei biglietti è tornato al livello prepandemico. In Italia dal prossimo 30 aprile verranno meno pure le norme ancora in vigore per l’accesso alle strutture sanitarie, e a differenza del mese di dicembre non ci sono le condizioni per indurre il governo a prorogarne la validità. Del coviddi, infatti, giornali e televisioni non parlano più, e quelli che ancora lo fanno lo assimilano ad uno sbrigativo servizio, come le previsioni del tempo o la classifica di serie A. L’ultimo stracco “allarme Kraken” risale a metà gennaio. E così, mentre i fascicoli delle varie procure vanno incontro al loro destino di sabbia, cala il sipario anche sugli effetti avversi da vaccino, sulla strage silenziata che procede sottotraccia. Nella migliore tradizione nazionale, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. È in questo clima che ha preso forma un nuovo negazionismo, quello di coloro che si ostinano a “sentire” la presenza del coviddi nonostante i megafoni che gli avevano messo in testa quella roba tacciano da un bel po’. Coloro che negano la fine del coviddi continuano a mascherarsi e a sanificarsi le mani, bramano una prossima dose che oggi assume contorni indefiniti, si sentono traditi e isolati e ormai non danno neanche più la colpa al governo. Un tarlo gli erode la coscienza: il caro coviddi c’è ancora, ma non ce lo dicono. Qualche complottone di matrice russa, cinese o aliena deve aver messo sotto scacco il mondo. Costoro non sono gli ipocondriaci di una volta, ma i disciplinati di nuovo conio, quelli che hanno interiorizzato l’assaggio di Mondo Nuovo che gli altri hanno solo subito. L’esperimento condotto su scala globale ha prodotto questa nuova sottospecie, che prova una muta nostalgia per una società pulita e ordinata nella quale la vita assumeva comodamente senso per il solo fatto di essere preservata. I nuovi negazionisti rappresentano una fetta marginale ma non irrilevante dell’opinione pubblica. Mentre i più attempati vanno inesorabilmente spegnendosi, le nuove generazioni si lanciano alla conquista di un futuro di prudenza e metaversi: milioni di bambini brutalizzati dal folle triennio son già stati allo scopo riprogrammati.
GR
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