Marco Di Mauro
Avanti.it
ROMA – Sabato 10 settembre ha avuto luogo in piazza San Giovanni la manifestazione nazionale organizzata dal FISI (Federazione Italiana Sindacati Intercategoriali) insieme ad altre ventiquattro sigle provenienti da tutta Italia, con l’intento di rappresentare plenariamente tutte le categorie distrutte dalla crisi economica. Magro risultato, con circa trecento persone, sparute e divise persino nell’occupare la stessa piazza, che in effetti sono riuscite a rappresentare appieno cosa resta dei movimenti No Green Pass al compimento del primo anno di vita: un pulviscolo di sigle con un riscontro di piazza quasi nullo. In effetti, tolta la tessera verde, le piazze del dissenso al regime sanitario, già duramente colpite dall’istituzione del super-green pass, si sono svuotate completamente. Segno dei tempi – certo! – dell’individualismo che li caratterizza – sicuro! – ma spesso, al di là delle utili, inoffensive generalizzazioni filosofiche, è nelle umili tamerici che vanno ricercate le ragioni dei fallimenti politici. Fin da subito privo di alcuna coscienza o addirittura consapevolezza politica, nato in ritardo rispetto all’agenda del nemico e sulla scia della paura più che della rabbia, quasi del tutto privo della componente giovanile, senza alcun obiettivo comune o visione politica d’insieme che andasse al di là della denuncia dello status quo, il movimento No Green Pass più che una galassia è stato un insieme di satelliti alla deriva, di cui alcuni sono andati a schiantarsi (come Pasquale Bacco e gli altri “pentiti”), altri sono stati attratti dall’orbita ora di questo ora di quel pianeta (nulla attrae più del magnetismo elettorale), altri, come nel caso degli organizzatori di questo sabato di cui parleremo a breve, non essendo riusciti a far fruttare in senso elettorale il proprio orticello, hanno provato a creare una continuità con le manifestazioni di protesta alla tessera verde, con l’idea di replicare la grande piazza del Fronte del Dissenso di Moreno Pasquinelli dello scorso 25 settembre, basandosi stavolta sulla crisi economica.
In effetti, le date del No Green Pass più riuscite a livello nazionale sono state l’anno scorso proprio il 25 settembre – circa 40mila persone, spontanea e che vide una vera partecipazione nazionale, ma che purtroppo non fu ripetuta, né quei numeri concretizzati – e il 9 ottobre – organizzata sotto mentite spoglie da una rediviva Forza Nuova, ma che vide partecipare, seppur in numero minore, praticamente le stesse persone di settembre, e che fu una chiara operazione orchestrata dalla Digos per screditare il dissenso, con il famoso “assalto” alla sede della CGIL e il test della forza ondulatoria del blindato da parte di un questurino infiltrato. Al di fuori di queste due date, con le uniche eccezioni di Torino e Milano – e Trieste prima di essere spenta dall’operazione Puzzer – la partecipazione popolare ai sabati di protesta contro la dittatura sanitaria è stata davvero irrisoria, e a compensare, spesso a eccedere, questa esiguità strutturale è stato l’apporto di una serie infinita di personaggetti politici, nella più parte residui, trombati o scartati da altre realtà, che hanno cercato nel No Green Pass il proprio posto al sole. Gente che ha cambiato più sigle che paia di pantaloni, alimentando, nella maldestra ricerca di potere, quella natura frammentaria e inconcludente che ha caratterizzato più d’ogni altro aspetto lo sfortunato movimento. Per non parlare della violenza, immessa ad arte dalle squallide operazioni della Digos, soprattutto a Trieste e Milano, anche se il loro masterpiece è Roma, il 9 ottobre: una vera e propria Capitol Hill italiana, in cui un manipolo di infiltrati tra fascisti e polizia realizza la messa in scena dell’assalto alla sede della CGIL, una maldestra operazione di gatekeeping che è tuttavia costata la galera a chi vi ha messo la faccia, come l’ex capo di Forza Nuova Roberto Fiore e il responsabile di Roma dello stesso partito, Giuliano Castellino.
In verità, niente è più lontano dalla violenza della tipica manifestazione No Green Pass, diversa da qualunque forma precedente nella storia italiana, ma uguale in tutte le città: priva di alcun interlocutore istituzionale, priva di qualunque obiettivo che non fosse la manifestazione stessa, si trattava di palchi, quando improvvisati quando meglio attrezzati, di mera testimonianza, delle tristissime kermesse a metà tra lo sfogatoio e la trasmissione televisiva – non mancavano infatti le guest star, per lo più personaggi del mondo della libera informazione. Chi scrive parla dall’interno, essendo stato colui che, insieme al noto attivista Ugo Fuoco, ha unito tra loro nell’agosto del ventuno le realtà componenti il coordinamento No Green Pass di Napoli, da cui ho deciso poi di uscire proprio per le dinamiche su descritte, e che oggi non esiste più se non in uno striscione.
Eppure, a piazza San Giovanni sabato scorso, quello striscione era là, assieme ad altri innumerevoli simboli, ognuno in rappresentanza di pochissimi individui: la manifestazione, vecchia replica del solito modello, inizia con una musica funebre e la presentazione, con toni da televisione locale, di uno dei più trasformisti di tutti, il segretario vicario del FISI Ciro Silvestri, che ha cambiato quattro sigle in meno di un anno (3V, Terzo Polo, Fronte del Dissenso, CLN, strizzando l’occhio ad Ancora Italia, Lega e Italexit), per dare la parola al segretario Rolando Scotillo che, dimentico di essere un sindacalista, scimmiotta una trasmissione giornalistica con la sua lunga disamina di cose già sentite milioni di volte sulla svendita del patrimonio pubblico italiano, con tanto di maxischermo e slide dietro, e con rara (per fortuna) arte retorica riesce addirittura a mettere sul fuoco un appello contro i nuovi nemici pubblici, comuni sia al mainstream che ai cosiddetti “antisistema”, ovvero gli astensionisti, quelli che sono riusciti a creare una gustosissima interferenza mediatica, riuscendo a unire nello stesso messaggio Fanpage e Visione TV. A Scotillo segue Di Stefano, quello delle Partite IVA, una vera e propria caricatura di Beppe Grillo, il cui intervento è un unico, affannato strillo, ma che è l’unico a parlare della distruzione della piccola e media impresa con l’obiettivo del credito sociale. Poi compare sul maxischermo Francesco Borgonovo de La Verità, che col suo francobollo ricorda Krusty il clown (il famoso nastro registrato “reclamizzo questo evento o prodotto”), seguito da altri interventi in rappresentanza delle categorie colpite dalla crisi programmata dalla cricca globalista: operatori balneari, edili, pescatori.
Ci sono anche le telecamere, di La7 e di Rete4, ma non hanno alcun interesse a mostrare la kermesse: sono tutte per lui, Giuliano Castellino. Già noto alle piazze No Green Pass per essere stato, lui e il suo movimento, uno dei principali fattori di inibizione della scena romana, presentandosi con i suoi ovunque ci fosse una manifestazione, con l’intento di mettere il cappello della sua organizzazione su qualunque movimento avvenisse nella capitale (e ottenendo l’effetto di allontanare chiunque rifiutasse lo stigma del fascismo, tanto che in più occasioni a Roma gli organizzatori si dissociavano, e le piazze romane erano due), l’ultrà della Roma si è distinto, prima del 9 ottobre, in due occasioni: quando ha strappato il microfono di mano ad Andrea Libero Gioia (un altro picaro della scena del dissenso) in Piazza del Popolo, e poi, beffa delle beffe, quando si presentò allo stadio Olimpico munito di tessera verde. Un vero leader No Green Pass, insomma, soprattutto quando il 9 ottobre avrebbe dirottato una parte della manifestazione da piazza del popolo verso la sede della CGIL, mettendosi in testa al brancaleonesco attacco che gli è costato un soggiorno in quel di Poggioreale, a Napoli. Passato direttamente dalla galera alla ribalta televisiva, il noto Giuliano non ha dubbi sul fatto di essere lui il capo, la guida del dissenso, di tutto il dissenso: è novax, pro Putin, notax, è lui dietro a Toscano e alla Cunial, le piazze contro il caro vita, gli obblighi sanitari, i finanziamenti alla guerra, sono tutta gente sua. La sua principale attività di questi giorni è entrare in contatto con qualunque realtà di protesta al regime sanitario e bellicista per portare il suo chiaro messaggio: se ti vuoi muovere a Roma c’è una condizione da rispettare, e cioè stare sotto Castellino, o al limite con Castellino. Che sia un modo con cui i servizi stanno agendo d’anticipo sulle possibili grandi proteste della stagione fredda, quando il popolo italiano dovrà scegliere se mangiare o pagare le bollette?
Intanto, questo 10 settembre c’è anche lui, nonostante gli organizzatori gli abbiano detto chiaramente che non è gradito, in disparte perché ancora non del tutto lindo dai suoi obblighi giudiziari, ma la sua faccia serve, è essenziale affinché l’infausta trasmissione di Brindisi, Zona Bianca, possa titolare “Castellino torna in piazza e guida il popolo del dissenso”: con lui, in segno di solidarietà (si è sempre solidali con le passerelle) il buon portuale Fabio Tuiach e l’avvocato Carlo Taormina. Tra i partecipanti alla piazza, però, nessuno lo vuole. Poche ore prima, ha provato a imbucarsi a un pranzo pre-manifestazione allestito dall’organizzazione di Raffaele Varvara, Di Sana e Robusta Costituzione, che gli ha cortesemente chiesto di non presentarsi, avendo già avuto problemi per essere stata falsamente associata alla sua figura da un maldestro servizio di Fanpage (chi scrive è tuttora parte dell’organizzazione, e quindi presente ai fatti) pertanto Castellino e i suoi ospiti, telecamere al seguito, si sono dovuti accontentare di farsi riprendere in un vicino bar. Un vero e proprio leader, Castellino: di un popolo che non lo vuole in nessuna maniera. Ma che, suo malgrado, dovrà fingere di comandare ancora per un po’, almeno fin quando i suoi burattinai avranno l’esigenza di appiccicare la svastica sulle forze del dissenso. Che, sebbene sgangherate e scalcinate, al regime fanno ancora paura, soprattutto in vista della crisi economica senza precedenti che hanno in serbo per noi.
Tonina dice
Bellissimo articolo. Personalmente è servito a chiarirmi ulteriormente le idee sul perché non andare a votare. GRAZIE
Maria dice
Ha detto che castellino ci prova a mettere il cappello, non che ce l’ha messo.
Frank dice
Criticare la stessa manifestazione che organizzi….bellissimo esercizio di stile😂😂😂😂😂
Redazione dice
Scusi, ma da quale passo dell’articolo si evince che l’autore sia tra gli organizzatori?
Frank dice
Lo dice chiaramente, è scritto tra parentesi.
“… pranzo pre-manifestazione allestito dall’organizzazione di Raffaele Varvara, Di Sana e Robusta Costituzione, che gli ha cortesemente chiesto di non presentarsi, avendo già avuto problemi per essere stata falsamente associata alla sua figura da un maldestro servizio di Fanpage (chi scrive è tuttora parte dell’organizzazione, e quindi presente ai fatti) pertanto Castellino e i suoi ospiti…..”
Redazione dice
Parte dell’organizzazione Di Sana e Robusta Costituzione, non della manifestazione
Filgrr dice
Mah… criticare manifestazioni di questo tipo non sono d’accordo. Meglio i 300 partecipanti di coloro che fanno i saputelli senza muovere un dito. Quanto a FN onore a loro che si sono fatti pure 8 mesi di carcere per non aver commesso reato alcuno.
Filippo dice
Non condivido del tutto lo spirito di questo articolo. Segnalo comunque all’autore che sul sito del pseudosindacato FISI è uscito un attacco contro di lui ma per interposta persona. Sarebbe opportuno una risposta nel merito politico senza abbassarsi alla bile del Silvestri che non dice una sola parola sul movimento e le sue sorti.
https://fisinazionale.it/2022/09/15/quando-si-e-a-corto-di-argomenti-illazioni-ingiustificate-nel-blog-di-pasquinelli/
Redazione dice
Grazie mille Filippo, non crediamo sia necessaria risposta alcuna a costoro. Il problema vero sono i danni che hanno fatto, e continueranno a fare, alla costruzione di un vero fronte antisistema