Tre cittadini haitiani-americani e un cittadino colombiano sono stati accusati negli Stati Uniti di essere coinvolti nell’assassinio del presidente di Haiti Jovenel Moïse ucciso il 7 luglio 2021 con 12 colpi di arma da fuoco, da un commando di almeno 28 persone, tra cui ex membri dell’esercito colombiano, che hanno fatto irruzione nel cuore della notte nella sua residenza privata vicino alla capitale Port-au-Prince.
Gli uomini dovranno comparire mercoledì al tribunale federale di Miami, secondo quanto reso noto dal Dipartimento di Giustizia americano. L’incriminazione, a più di 18 mesi dai fatti, ha svelato l’esistenza di un vasto complotto ai danni del leader haitiano per ucciderlo e prendere il potere. Cospirazione sostenuta anche da un ex giudice della Corte Suprema haitiana, oltre che da mercenari colombiani e con il supporto di una spedizione clandestina di armi dagli Stati Uniti.
I sospettati in custodia sarebbero James Solages, 37 anni, e Joseph Vincent, 57, tra i primi arrestati dopo l’omicidio, ai quali si aggiunge Christian Emmanuel Sanon, anziano medico e uomo d’affari che le autorità hanno identificato come uno dei principali complici, i tre sarebbero cittadini haitani-americani. Il quarto sospettato, identificato come il cittadino colombiano Germàn Rivera Garcìa, 44 anni, faceva parte di un gruppo di circa altre due dozzine di ex soldati colombiani accusati del caso. Rivera, insieme a Solages e Vincent, è accusato di aver organizzato l’omicidio e il rapimento, Sanon è accusato anche di aver cospirato per contrabbandare merci dagli Stati Uniti, Secondo quanto provato dai documenti del tribunale, infatti, egli avrebbe spedito venti giubbotti antiproiettile ad Haiti, presentandoli alla dogana come “giubbotti medici a raggi X e materiale scolastico”.
In totale sono sette i sospettati in custodia negli Stati Uniti, mentre altre decine si trovano nella prigione principale di Haiti, che secondo quanto riferito è gravemente sovraffollata e spesso carente di cibo e acqua per i detenuti. Secondo la polizia di Haiti ci sarebbero poi altri sospettati di alto profilo che rimangono latitanti, tra cui un ex giudice della corte suprema. Un altro fuggitivo sarebbe Joseph Badio, presunto capo del complotto che in precedenza lavorava per il ministero della giustizia di Haiti e l’unità anticorruzione del governo.
I quattro sospettati dell’assassinio negli Stati Uniti stanno per essere processati, mentre ad Haiti il caso si trova ormai ad un punto morto, dopo che lo scorso anno i funzionari locali hanno nominato un quinto giudice per indagare sull’omicidio dopo che altri quattro erano stati sollevati dall’incarico o si erano dimessi a causa delle continue minacce di morte. L’assassinio ha infatti fatto precipitare il paese nel caos politico e fomentato una violenza tra gang che non si vedeva da decenni.
Un giudice ha detto all’Associated Press che la sua famiglia gli ha chiesto di non accettare il caso perché temevano per la sua vita, mentre un altro giudice si è dimesso dopo che uno dei suoi assistenti è morto in circostanze poco chiare.
A dicembre Martine Moïse, la moglie del presidente assassinato ha scritto su twitter che suo marito sarebbe morto nel tentativo di combattere la corruzione nel paese.
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