Marco Di Mauro
Avanti.it
“Una manifestazione di realismo e buon senso” così ha salutato Maria Zakharova, portavoce degli esteri russa, il provvedimento della Commissione Europea in cui è stabilito che la Russia può continuare a far transitare le merci sanzionate destinate a Kaliningrad attraverso il territorio dell’UE, sbloccando così l’80% delle merci a cui da quasi un mese era ormai impedito il passaggio verso l’exclave russa. La ragione, come da prassi diplomatica, non c’è, trattandosi infatti della solita scusa che risuona ridicola: «Questa direttiva conferma che il transito di merci sanzionate su strada da parte di operatori russi non è consentito dalle misure dell’UE. Non esiste un divieto simile per il trasporto ferroviario.» In realtà l’assurdo logico per cui lo stesso container bloccato su strada possa invece passare su ferro sul piano diplomatico è coerente: era l’unica scappatoia da una situazione che ormai aveva oltrepassato il limite, e l’unica che permetteva di evitare di riconoscere l’estrema illegalità di un’azione che impediva a un paese di approvvigionare un territorio sotto la propria sovranità, essendo di fatto qualcosa di ben più grave di sanzionare le esportazioni. Così, oggi la tensione nel Baltico sembra essersi allentata, e le dichiarazioni della Commissione Europea riconoscono in qualche maniera anche agli esponenti del governo della Lituania i loro meriti di bravi cagnolini atlantisti: «Gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione delle sanzioni. Per garantire che siano attuate nel modo più efficace e coerente possibile, la Commissione fornisce regolarmente orientamenti amministrativi.» E, va detto, la Lituania la sua parte l’ha fatta: a mezzanotte del 18 giugno ha iniziato bloccando il 50% del transito merci tra Kaliningrad e la Bielorussia, creando così un perfetto casus belli per estendere il conflitto russo-americano in Ucraina agli altri paesi NATO. Mosca si trovava infatti con le mani legate: se da un lato non poteva rifornire la propria exclave via mare per motivi tecnici, dall’altro farlo per via aerea avrebbe costituito una violazione del territorio dell’alleanza atlantica, lasciando agli States e loro alleati la facoltà di scegliere se considerarlo o meno un attacco e inaugurare ufficialmente l’inizio della Terza guerra mondiale. Niente di tutto questo è però avvenuto, nonostante l’occidente alzasse il tiro sempre più, prima circondando Kaliningrad con l’inizio delle procedure per l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO – rallentato dal provvidenziale Erdogan – e poi la settimana scorsa rafforzando il blocco lituano, con Vilnius che ha esteso le sanzioni a cemento, legno, alcol e prodotti chimici industriali a base di alcol; niente di strano per il governo lituano, secondo cui si trattava solo di un’introduzione graduale dell’entrata in vigore delle sanzioni UE precedentemente annunciate. Come non ha apprezzato la decisione di ieri della Commissione, che potrebbe “creare l’impressione ingiustificata che la comunità transatlantica stia ammorbidendo la sua posizione e la sua politica di sanzioni nei confronti della Russia”.
La normalizzazione dello scenario di Kaliningrad è arrivata in coppia con i colloqui di Istanbul, che sono terminati con un’apertura di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite verso lo sblocco dei cereali ucraini bloccati nei porti del Mar Nero. Un’altra gatta da pelare per la Russia, che da un lato non aveva alcuna intenzione di passare per la causa della carestia programmata dal Bilderberg e che ormai è sempre più alle porte, dall’altra ha potuto utilizzare la questione del grano ucraino come fattore negoziale dello scenario baltico.
Sono più di centotrenta le navi cariche di grano bloccate in attesa del semaforo verde da parte delle parti in guerra.
Secondo Reuters, il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha dichiarato che l’accordo che verrà firmato la prossima settimana prevede controlli congiunti per verificare le spedizioni nei porti e che la Turchia garantisca la sicurezza delle rotte di esportazione del Mar Nero. La Turchia istituirà inoltre un centro di coordinamento con l’Ucraina, la Russia e le Nazioni Unite per le esportazioni di grano. Un alto funzionario delle Nazioni Unite, parlando a condizione di anonimato, ha dichiarato che la maggior parte dei punti critici nei colloqui per la ripresa delle esportazioni ucraine dal Mar Nero sono stati superati, descrivendo le discussioni a Istanbul come una “svolta”. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che il grano e i fertilizzanti russi non sono soggetti a sanzioni e si sono offerti di fornire garanzie scritte alle compagnie di navigazione e ai Paesi importatori.
La guerra economica è in una fase di allentamento, e vedremo se la ripresa di esportazione di cereali dall’Ucraina farà o meno la differenza nella crisi degli approvvigionamenti alimentari sempre più vicina.
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