“Bloccare la Francia” questo l’obiettivo delle circa due milioni di persone che i sindacati, su tutti CGT e CFDT, attendono oggi nelle strade principali del paese. Paese più combattivo in assoluto contro la deriva autoritaria e tecnocratica che, subordinando gli interessi delle singole nazioni a quelli del capitale globalista, sta distruggendo pezzo per pezzo tutto l’apparato di tutele e garanzie conquistato dai lavoratori occidentali nel secolo scorso, la Francia ha non ha mai smesso di protestare, e da quando è stata annunciata una criminale riforma delle pensioni le mobilitazioni si sono intensificate e quella di oggi è già la sesta delle mobilitazioni generali che, soprattutto il 19 e 20 gennaio, hanno paralizzato il paese contro il piano macronista di asservimento del mercato del lavoro agli interessi dei cartelli sionisti sovranazionali, come quello della famiglia Rothschild, dalla cui scuderia il belloccio-faccia-da-culo Emmanuel è venuto fuori. Ma il bel Macron non si è dato per vinto, non recedendo di un passo, da un lato sguinzagliando la sua violentissima gendarmeria che ormai tutti conosciamo dopo la repressione delle proteste dei jilets jaunes prima e dei manifestanti contro il pass sanitario poi, e che durante la mobilitazione del 31 gennaio hanno letteralmente castrato a manganellate un giornalista che documentava il dissenso contro la riforma delle pensioni a Parigi; dall’altro ha creato un think tank con i papaveri del giornalismo mainstream francese per fare fronte comune contro i manifestanti, mentre in parlamento ha già iniziato a varare le prime leggi componenti la riforma.
I primi dati della giornata di oggi sono confortanti per i lavoratori in lotta: i dipendenti pubblici della didattica e l’amministrazione hanno registrato in mattinata adesioni vicine al 40% degli iscritti: dunque un successo, anche se non paragonabile al 19 gennaio quando le adesioni superarono il 70%. Tuttavia tale risultato arriva se si considerano le categorie del trasporto pubblico e dei siti di trattamento, stoccaggio e smistamento del gas: in entrambi i casi si raggiunge quasi l’80% di adesioni. Non sono da meno le raffinerie: TotalEnergies ha dichiarato stamattina che il 64% del suo personale è in sciopero, tanto che i media ieri ammonivano i pendolari di fare il pieno altrimenti sarebbero rimasti senza benzina. Jean-Eudes du Mesnil, presidente del CPME, sorta di Confindustra francese per le piccole e medie imprese, ha denunciato il blocco come “scandaloso” e invocato il pugno di ferro da parte del governo. Il governo ancora non si è espresso rispetto alle mobilitazioni, ma tiene pronti manganelli, granate e proiettili di piombo rivestiti di gomma.
I sindacati CGT e CFDT sono uniti nel chiedere l’immediato ritiro della riforma, senza se e senza ma, e la differenza sta nella modalità di lotta. Se Philippe Martinez, segretario generale della CGT, propone immediati negoziati col governo, puntando alla paura da parte dei macronisti che non si arrivi di nuovo, come il 19 gennaio, al blocco totale dell’economia del paese, soluzione a cui si arriverà, garantisce, se non viene immediatamente ritirata la riforma delle pensioni e si avvia un tavolo coi lavoratori. Più radicale, e disincantato, Laurent Berger, segretario generale del CFDT, secondo cui “mettere in ginocchio l’economia è il nostro lavoro, quindi è fuori questione farlo”. Bisogna “mettere in ginocchio la Francia”, gli fa eco Emmanuel Lépin, pur essendo membro del CGT Chimica. Su una cosa tutte le realtà coinvolte concordano: o il ritiro della riforma, o lo sciopero diventerà a oltranza, causando il blocco totale dell’economia francese, in quanto hanno compreso il dato fondamentale che nessun popolo può avviare un dialogo con un governo che non lo rappresenta, essendo alle dirette dipendenze dei Rothschild, ma l’unica strada è la lotta senza compromessi, fino alle estreme conseguenze.
MDM
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