Francesco Santoianni
Avanti.it
Sempre di meno gli Italiani che credono alle fake news sull’Ucraina diffuse dai media mainstream. E questo nonostante ci sia impedito dall’Unione europea (che da anni finanzia campagne mediatiche contro il Cremlino) la ricezione di emittenti e canali russi e sempre più post e utenti, considerati “filoputin”, vengono censurati sui social, su segnalazione, soprattutto, dei “debunkers” di NewsGuard, (una società di “fact-checking” capitanata da Michael Hayden, già direttore della Cia). Su questa buffonata dei “debunkers” e “fact-checking” di regime ci arriviamo subito. Ora, due parole sul perché della scarsa efficacia delle fake news sulla guerra in Ucraina.
Intanto per la diffidenza generata da una “informazione” sulla guerra che ripropone le stesse modalità utilizzate per l’emergenza Covid, prima tra tutte l’emarginazione di voci critiche rispetto alla narrativa dominante (con la irritante eccezione di screditati personaggi sistematicamente invitati solo per dimostrare quanto siano sbagliate le loro tesi). Questo ha fatto sì che a mobilitarsi contro le fake news inerenti l’Ucraina siano stati, sin dagli esordi della guerra, i “No green pass”: una parte certamente minoritaria della popolazione ma che ha fatto svegliare non poche persone.
Un altro motivo della diffidenza è che gli Italiani stanno constatando che la guerra in Ucraina non si limiteranno a guardarla in TV (come le precedenti), ma la subiranno con un crescente peggioramento delle condizioni di vita e, forse, con distruzioni e morti. A questo è da aggiungere la pessima “qualità” delle fake news, tutte tese a raffigurare i Russi come dei mostri; una propaganda identica a quella che spinse l’Italia nel baratro della Prima guerra mondiale. Questo tipo di propaganda nasce dalla errata valutazione che quella cominciata il 24 febbraio sarebbe stata una “guerra lampo”, come quelle alle quali ci avevano abituato gli Usa e la Nato: una repentina distruzione generalizzata del territorio e dei suoi abitanti e l’insediamento di un governo fantoccio. Così non è stato. E facendo nostre le parole di un cinico post Facebook: “Se in una guerra destinata a durare mesi, dopo nemmeno quaranta giorni ti spari in un solo giorno le quattordicenni violentate, la stanza delle torture, la razzia ai morti, i bimbi violentati, lo stupro accanto alla madre agonizzante e i forni crematori, rischi veramente di rimanere a corto di orrori in brevissimo tempo.” Last but not least, a rendere poco convincenti le fake news inerenti l’Ucraina è stata la pretesa di presentare come “resistenti” degni della nostra solidarietà, milizie fasciste distintesi in questi anni per i massacri nel Donbass e per la repressione di ogni dissidenza. È il caso, ad esempio, del Battaglione Azov, oggi reggimento inquadrato nei ranghi dell’esercito ucraino.
Ma dicevamo dei “debunkers” e “fact-checking” idoli dei nostri media.
Questi (come ho già documentato qui) non si limitano a fare i cani da guardia del potere, segnalando le voci da zittire, ma avvelenano l’informazione pretendendo di smentire ogni notizia che mette in crisi la narrativa dominante. Un esempio è stato la cosiddetta “strage di Buča” sbandierata dai media mainstream due giorni dopo la dichiarazione di Zelensky di rinunciare all’ingresso dell’Ucraina nella Nato; una fake news, riconosciuta come tale anche da numerosi e prestigiosi corrispondenti di guerra italiani. Contro il loro clamoroso appello (il primo registrato in Italia) si sono scagliati blasonati “debunkers” che prima hanno intossicato la notizia (ma sulla intossicazione delle notizie sarà il caso di ritornarci con un altro articolo) confondendo Buča con la bufala di un manichino e poi “documentato” la strage (addebitandola ai russi) con foto di fantomatiche “fosse comuni” e con foto aeree che non documentano un bel nulla.
Del resto, questo uso di “prove fotografiche”, destinate a distratti lettori, è diventato il cavallo di battaglia dei “debunkers” di regime. Come quelli del recente network ELINTNews, idolatrati dalla nostrana stampa per il loro agire con gli strumenti della Open Source_Intelligence e cioè dell’informazione che può essere acquisita da dati pubblici inclusi quelli ottenibili da servizi on line quali flightradar24, marine traffic, Sentinel Hub, Google Lens, Dual Map… In realtà questo network presentato come “un network informale di giornalisti, professori universitari, esperti ed appassionati di strategia militare, (che utilizza gli strumenti messi a disposizione da internet) per verificare le notizie che arrivano dalla prima linea del fronte e dare un quadro più accurato possibile della situazione” si direbbe ben altro considerando che fa capo a Eliot Higgins (sull’attendibilità di questo personaggio si veda qui) che dopo anni di bufale spacciate come fact-checking è riuscito ad ottenere incarichi di primo piano, come l’identificazione dei responsabili dell’abbattimento dell’aereo Malaysia Airlines MH17 commissionatogli dall’Unione europea.
Ovviamente, secondo l’”indagine” di Higgins, i responsabili dell’abbattimento erano i separatisti del Donbass al soldo dei servizi segreti russi. Ma come avrebbe fatto Higgins a scoprirli? Attraverso, davvero inverosimili, “intercettazioni delle telefonate di funzionari del GRU” (il servizio segreto militare russo) operanti a Mosca. Telefonate, evidentemente, inventate di sana pianta da Higgins e “documentate” sui media di tabulati telefonici cartacei che, addirittura, riportavano in un angolo il timbro del GRU. Oggi Higgins ci riprova e annuncia, addirittura, l’identificazione dei militari russi preposti al puntamento dei missili sulle infrastrutture civili ucraine”. Le prove? Una foto di questo segretissimo gruppo (vedi immagine della copertina) che, non si sa per quale motivo sarebbe stata postata su Internet.
Marinella Correggia dice
Grazie per l’analisi ben documentata!