Ieri lo Stato ha vinto. Con la cattura del cattivissimo latitante Matteo Messina Denaro, furbescamente sfuggito alla giustizia per trent’anni, quest’entità astratta da alcuni associata solo a oppressioni e disgrazie si è palesata in tutto il suo splendore. Lo Stato c’è, è vivo e lotta insieme a noi. Scene di giubilo hanno accompagnato le fasi finali del blitz (che per certe chicche pare tratto dalla sceneggiatura di un poliziottesco anni ’70): nelle immagini diffuse a corredo della notizia si vede addirittura un passante che abbraccia due carabinieri mascherati. Tutti i giornali, per una volta, hanno esaltato lo Stato, tutti i partiti hanno applaudito ricordando che anche loro sono lo Stato, tutti gli influencer si son dovuti ricordare che esiste anche lo Stato nel palinsesto della vita. Ha preso presto a soffiare quel venticello di unanimismo obbligatorio che appestava l’aria già ai tempi del coviddi: pure allora, era vietato essere contro lo Stato. Eppure, c’è chi allo Stato gli ha fatto le pulci: la latitanza (doratissima) di Messina Denaro è stata consentita da una ramificata rete di connivenze con magistrati, politici,imprenditori, banchieri, funzionari pubblici, investigatori coinvolti direttamente nelle indagini, talpe annidate in ogni dove, un paio di mesi fa il pentito Salvatore Baiardo aveva “profetizzato” i fatti di Palermo alludendo sibillino ad una trattativa per “abrogare l’ergastolo ostativo” scambiando il boss vecchio e malato con altri giovani e forti ma nelle mani dello Stato, lo stesso ministro Piantedosi aveva detto appena lunedì scorso che si augurava di essere il ministro che avrebbe arrestato Messina Denaro. I pochi rompicoglioni che hanno guastato la festa dello Stato hanno comunque seguito il solito canovaccio: la Mafia è il Male e lo Stato è il Bene, anche se nel suo seno prosperano serpenti e mele marce. La storia italiana dallo sbarco degli americani in Sicilia in poi ci insegna tuttavia che la Mafia, lungi dall’essere una mera articolazione dello Stato, funziona, al pari dello Stato stesso, come agenzia di qualcosa di immensamente più grande. Le bombe del ’92-’93 (e tutte le altre,,,) sono state ordite da quest’entità superiore e messe in atto dalla locale manovalanza: ne affibbieranno la paternità a Messina Denaro (che pare si paragonasse già a Malaussène, il capro espiatorio dei romanzi di Pennac), ma i nomi dei Mandanti, quelli veri, non verranno fuori poiché lo stesso boss arrestato con ogni probabilità li ignora, e al massimo conosce qualche sacrificabile uomo di paglia.
GR
Ricciardo dice
Un concentrato di ciò che considero evidentissime verità. Sciapò!