Una volta, nelle epoche buie che ci siamo lasciati alle spalle, essere ribelli era una iattura. Fuori dalla grazia di Dio e degli uomini, i ribelli dei tempi andati erano dei reietti, degli emarginati, degli “sfigati”, espulsi dal consesso civile, banditi dalle tavole imbandite, perseguitati dalle polizie e dalle psicopolizie. Oggi, invece, il buio è rischiarato dalla luce del progresso, e i ribelli possono comodamente ribellarsi nei teleschermi, in diretta sul primo canale della televisione pubblica durante la trasmissione di massimo ascolto, quel festival di Sanremo oramai diventato il proscenio della ribellione più ribelle che ci sia. Fra i tanti ribelli che hanno calcato la scena del teatro Ariston quest’anno (a ben vedere, di “obbediente” o “allineato” non ne è rimasto manco uno), si sono distinti i tali Fedez e Rosa Chemical. Il primo, noto uomo-brand (o uomo-brandino se paragonato alla moglie), ha lanciato il suo inno alla ribellione da una nave da crociera (sulla quale si era presumibilmente imbarcato come mozzo pagato in nero, se non come clandestino), prendendosela con il viceministro Galeazzo Bignami, di cui ha strappato la celebre foto che lo ritrae mentre sfoggia svastica e camicia nera durante una festa in maschera degli anni giovanili. Nel florilegio di versi ribelli sciorinati da Fedez nel suo freestyle (chissà quanto “free”), si distinguono i seguenti: Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite/ Forse meglio il viceministro vestito da Hitler, allusione al potente Bignami (che, pur essendo viceministro, non ha avuto occasione di replicare davanti a sedici milioni di telespettatori) e a un altro ribelle (un’altr*?) che aveva disturbato il sonno dei potenti nei giorni prima del festival, quel Rosa Chemical considerato (*) dalla deputata di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante l’incarnazione della “rivoluzione gender fluid”. A quest’illazione, Rosa Chemical ha replicato dicendo che la sua canzone è un inno alla libertà e all’amore e che pure la Morgante e i figli balleranno scatenati ascoltandola. “Pensavo che le mie parole fossero difficili da percepire, ma mi sono reso conto che tutti hanno voglia di libertà e di farsi dire ‘sii te stesso’ “, ha precisato il ribelle, consapevole che la rivoluzione è già in atto ed è già tanto se alla Morgante non gli si taglia la testa. Cantando la sua Made in Italy durante l’ultima serata sanremese, Rosa Chemical è poi passato, come tutti i ribelli che si rispettano, dalle parole all’azione, raggiungendo la prima fila dov’era seduto Fedez e mimando con lui un amplesso mitico e sodomitico, portandoselo quindi sul palco e chiudendo l’esibizione con un bacio alla francese al signor Ferragni, consumatosi mentre le telecamere zoomavano gioiose sulle facce focose dei due ribellissimi. Mentre video con miliardi di visualizzazioni mostrano la scenata di gelosia della Ferragni (altra ribelle che manco Rosa Luxemburg) nei confronti del consorte che si è forse ribellato un po’ troppo, qualche sprovveduto si chiede cosa sarebbe mai accaduto se Rosa Chemical avesse mimato l’amplesso con una donna e se avesse baciato la Ferragni stessa invece di Fedez. A parte queste quisquilie, per delineare meglio la ribellione di questa coppia di ribelli è opportuno ricordare che all’epoca del lockdown hanno fatto i flashmob per sgridare quelli che uscivano ed invitare tutti a stare a casa, all’epoca dei vaccini hanno fatto le stories delle loro triple vaccinazioni invitando tutti a vaccinarsi, in tutte le epoche hanno definito “fuori di testa” i “complottisti” che osavano ribellarsi alla ribellione calata dall’alto. La celebre formula del bispensiero orwelliano – la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza – andrebbe aggiornata con una nuova diade: “l’obbedienza è ribellione” (e ribellarsi è fighissimo).
GR
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