L’arresto dell’ex primo ministro Imran Khan di martedì ha scatenato proteste senza precedenti contro le stazioni militari e di polizia in tutto il Pakistan. L’indignazione ha raggiunto un punto di ebollizione quando i manifestanti hanno addirittura saccheggiato la casa di un comandante dell’esercito.
Si tratta di una novità perche sebbene gli arresti di politici e le grandi proteste politiche siano comuni in Pakistan, è raro che prendano di mira stazioni e avamposti militari.
L’arresto di Khan ufficialmente è collegato al caso Al-Qadir Trust, che ruota intorno alle accuse di frode, anche se, molti pakistani (compresi alcuni oppositori di Khan) affermano che la detenzione è una conseguenza del suo scontro con pezzi di establishment del paese e in particolare dell’esercito. Khan infatti ha accusato il maggiore generale Faisal Naseer dell’Inter-Services Intelligence (ISI) di aver complottato (e fallito) per assassinarlo lo scorso novembre.
Non è un caso che l’Alta corte di Islamabad ha deferito chiunque dall’esprimere messaggi di sostegno sui social media. Il movente dell’arresto, quindi, è tutto politico.
Nel frattempo i manifestanti continuano ad appiccare il fuoco a strutture militari, veicoli della polizia e persino tentare di violare il quartier generale dell’esercito a Rawalpindi. I militari sono costretti a proteggere difensivamente le strutture e non reprimere eccessivamente la folla per evitare che la rivolta divampi e si allarghi ulteriormente. Alla forza di questo popolo l’esito di questa battaglia.
Il governo nel frattempo sta soppesando la risposta, poiché qualunque cosa accada influenzerà ulteriormente sicurezza, la politica nazionale persino le relazioni con gli Stati Uniti.
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