Domenica migliaia di persone hanno manifestato in Danimarca contro il nuovo piano del governo che prevede l’abolizione di una festa per recuperare fondi da destinare alle spese militari.
Di fronte all’attuale situazione internazionale che sta spingendo sempre più paesi ad incrementare le spese militari, il governo socialdemocratico danese di Mette Frederiksen propone di ricavare 400milioni di euro eliminando la festa nazionale dello Store Bededag, il Giorno della grande preghiera che cade il quarto venerdì dopo Pasqua.
Il governo, che è in carica dal 15 dicembre, conta sull’appoggio dei liberali di centrodestra e dei moderati di centro. Nel suo programma vuole raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di portare le spese militari al 2% del PIL come richiesto dalla Nato ai suoi paesi membri.
La soppressione della festività, indetta più di 300 anni fa, quando un vescovo danese unì diverse celebrazioni minori, ha suscitato aspre polemiche nel paese dove il 73% della popolazione appartiene alla chiesa luterana di Stato. La premier è stata ampiamente criticata sia dalle opposizioni, sia dai sindacati, sia dai vescovi.
In Danimarca il consenso politico è solitamente molto rispettato, ma stavolta le opposizioni a destra e a sinistra si sono compattate per criticare fortemente l’esecutivo.
I dieci vescovi luterani danesi hanno parlato di “violazione della fiducia”, dichiarando di non essere stati consultati. Mentre i sindacati hanno lanciato una petizione contro l’iniziativa che ha raccolto oltre 405mila firme, tantissime in un paese di appena sei milioni di abitanti, e minacciano anche di organizzare un referendum.
Insomma, per l’esecutivo danese la priorità pare essere la guerra anziché la tutela dei diritti dei lavoratori, delle tradizioni e della cultura della Danimarca.
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