PayPal taglia duemila posti di lavoro, il 7% della sua manodopera, andando ad aggiungersi alla lunga lista di Big Tech che stanno attuando licenziamenti di massa.
La compagnia di pagamenti online sostiene di essere obbligata dalle sfide dovute al contesto macroeconomico. “Dobbiamo adattarci ai cambiamenti e alle evoluzioni che caratterizzano il nostro mondo, i nostri clienti e il nostri concorrenti” ha dichiarato l’amministratore delegato di PayPal, Dan Schulman, per spiegare i licenziamenti.
L’azienda si va dunque ad aggiungere alla lunga lista di Big Tech che stanno attuando licenziamenti di massa, come Amazon con la riduzione di 18mila posti di lavoro, Alphabet con 12mila e Microsoft con 10mila. La scorsa settimana anche il gigante svedese di distribuzione digitale musicale, Spotify, ha licenziato 10mila impiegati riducendo la manodopera del 6%.
Adesso vediamo anche l’azienda Intel tagliare del 25% lo stipendio dei manager, bloccare tutti gli aumenti e ridurre gli stipendi di tutti i lavoratori.
Martedì anche Snap, l’azienda proprietaria del social Snapchat, ha dichiarato di essere in perdita, con una riduzione del 16% dei suoi ricavi, attribuendo però nel suo caso le colpe ad una modifica introdotta da Apple nel 2021, che richiede l’esplicito permesso degli utilizzatori per essere seguiti per motivi pubblicitari e che ha danneggiato le campagne promozionali dell’azienda.
Ma quale potrebbe essere la causa di tale crisi? I motivi non sono totalmente chiari, si parla genericamente di un crollo del settore tecnologico, eppure sono massicci gli investimenti globali nella digitalizzazione, soprattutto ora che le agende globali perseguono tale obiettivo più che mai.
Si tratta forse una crisi speculativa e artefatta? O potrebbe essere collegata alla guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina? Infatti, ad ottobre gli Stati Uniti avevano imposto sanzioni alla Cina con l’obiettivo di colpire il mercato dei chip.
Forse la situazione potrebbe anche essere legata alla paura per le tensioni nell’area asiatica, legate ad una possibile imminente guerra a Taiwan, che è il primo produttore mondiale di microchip, e ciò potrebbe essere la causa di una riduzione degli investimenti nel settore.
Ma anche la paura per l’aumento delle tensioni tra il Giappone, per conto degli Usa, e la Cina potrebbe essere la causa di una riduzione degli investimenti tech, dopotutto va ricordato che la Cina è la principale proprietaria di terre rare in Africa, e una guerra in Asia potrebbe causare un’interruzione delle catene di approvvigionamento.
Potremmo essere di fronte ad una delle ennesime propaggini della guerra sino-americana che si combatte sulla scacchiera geopolitica globale.
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