Alfredo Cospito, l’anarchico cinquantacinquenne in sciopero della fame contro la tortura del carcere duro cui è sottoposto da maggio scorso, deve avere certamente facoltà soprannaturali. Non per la stoica e lucida battaglia che sta conducendo dal carcere, né per aver compreso sulla propria pelle come il 41bis sia una norma disumana anche per i mafiosi, inapplicabile in uno stato che si dice di diritto. Niente di tutto questo: Cospito riesce a compiere e istigare delitti mentre è in galera, a organizzare attentati quando sono già avvenuti ed era già in galera soltanto perché scrive la ‘z’ col trattino orizzontale perpendicolare alla linea mediana, costringendo così gli acutissimi periti calligrafici ad attribuirgli una lettera di rivendicazione – in effetti, anche molti agenti della Digos faranno certamente la ‘z’ col trattino.
Ma il suo opus magnus Alfredo lo ha realizzato dal carcere in questi mesi, riuscendo a ricreare dal nulla un sotterraneo e violento “movimento anarchico” tanto potente e radicato da agire da Atene fino a Barcellona e Berlino in contemporanea, creando un caso così eclatante che alla fine se ne sono accorti pure i centri sociali, andando a occupare le piazze per conto degli anarchici – che, ci dispiace per gli assai fantasiosi magistrati di procure e tribunale di sorveglianza, ma proprio non esistono – così da creare quelle “piste anarchiche” buone per ogni occasione: basta dire che ci sono, mandare uno scalzacane a incendiare un’auto, e poi ci penseranno i centri sociali, sempre attentissimi a occupare quel posto di ribelli al sistema di cui si erano completamente scrollati quando c’era da spalleggiare la dittatura sanitaria, ma che adesso riprendono a pieno titolo. Ma i compagni, come al solito, fanno il gioco del potere, con scontri di piazza in favor di telecamera che servono solo a fare il gioco fascista dei giudici: agli attentati farlocchi in giro per l’Europa si aggiungono le violenze domestiche, ed ecco pronto un bel fascicolo di disordini, minacce e violenze da attribuire a Cospito, e così a inizio marzo la Cassazione, accompagnata dal coro dei giornaloni – unica voce umana, fuori dal coro di bave poliziottesche, quella di Sansonetti – ha buttato via la chiave: accettare la rimozione del 41bis sarebbe significato, nella narrazione costruita ad hoc da procure e compagni, “cedere alla violenza anarchica”.
Così, Alfredo Cospito è rimasto in carcere Opera di Milano, dove è stato trasferito per la sua salute sempre più a rischio, continuando lo sciopero della fame fino alla fine, tanto che oggi è stato trasferito all’ospedale San Paolo, e gli avvocati hanno chiesto il suo trasferimento ai domiciliari, mentre i media, fagocitato e sputato il caso della settimana, se ne sono già scordati, pronti già a riservare un trafiletto di metà colonna per il suo necrologio. Perché del fatto che un uomo sia torturato e decida di morire per una causa democratica non interessa a nessuno: la legittimità dell’uso politico del 41bis è troppo preziosa per quello che si configura sempre più come uno stato di polizia. Cospito deve morire perché la narrazione della giusta punizione per l’anarchico violento è troppo preziosa per il Potere e i suoi pappagalli mediatici, soprattutto in vista del periodo di instabilità economica e politica alle porte: in previsione di un’ondata di proteste dovute alla fame, lo stato sta affilando su Alfredo Cospito le armi che utilizzerà sui dissidenti. La nuova udienza, intanto, è stata fissata per il 18 aprile, e i giudici saranno chiamati a decidere se accogliere o meno le richieste degli avvocati.
MDM
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