Francesco Santoianni
Avanti.it
Ma com’è che per giorni e giorni tutte le TV ci hanno sommerso con dibattiti, “inchieste”, commemorazioni della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne? Una ricorrenza istituita dal l’ONU nel 1999 e della quale, da allora, quasi nessuno aveva sentito parlare. Ricorrenza travisata in quanto, nata per commemorare le sorelle Mirabal (tre attiviste della Repubblica Dominicana, mogli di oppositori imprigionati, stuprate e uccise, Il 25 novembre 1960, dal regime del dittatore Trujillo che le riteneva “comuniste”) è diventata, soprattutto in Italia, la giornata “contro il femminicidio”. Un travisamento che si direbbe identico a quello subito dalla cosiddetta “Giornata internazionale della donna, 8 marzo”.
Ma andiamo per ordine e occupiamoci di femminicidio.
La popolarità di questo termine comincia, sostanzialmente, nel 2011 a seguito della dichiarazione di Rashida Manjoo, relatrice informale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne: “Il femminicidio è la prima causa di morte violenta in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni.” Un’affermazione sorprendente considerando che, nel 2010, c’erano state 1100 donne uccise in incidenti stradali e circa 3.000 in incidenti domestici mentre, a monte di 760 assassinati in Italia in quell’anno, 172 erano donne, il 75% per cento uccise da uomini, non sempre mariti o (ex) conviventi. Dal 2010 a oggi il numero dei femminicidi, (e più in generale degli omicidi) ha conosciuto nel nostro Paese una progressiva diminuzione. Diminuzione che sarebbe ancora più marcata se si adottasse anche nel nostro Paese la definizione di femminicidio codificata dalle Nazioni unite (che, ad esempio, esclude da questo termine omicidi di donne commessi dai figli per problemi psichiatrici, di droga, soldi… o eutanasie attuate da compassionevoli mariti, che, spesso, dopo si suicidano) e se si seguissero corrette metodologie nel realizzare le statistiche.
Nonostante ciò, l’allarme “femminicidio” è aumentato esponenzialmente grazie anche a innumerevoli servizi TV su donne uccise; per non parlare, poi, della fiction dove la donna braccata dal killer di turno è diventato uno dei “generi” più diffusi.
Perché questo allarmismo? Per spiegarlo, soffermiamoci sulla trasformazione conosciuta dalla ricorrenza dell’8 marzo, istituita dalla Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, (Mosca, il 14 giugno 1921) come Giornata internazionale dell’operaia a ricordo delle operaie che, l’8 marzo 1917 (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia), rivendicando, a San Pietroburgo in un poderoso corteo, la fine della guerra, diedero inizio alla Rivoluzione. Da allora – nonostante i tentativi dei laburisti e il colossale falso del “prato di mimose” adiacente ad una fantomatica fabbrica negli USA dove sarebbero bruciate vive alcune operaie, per snaturare i contenuti di classe di questa ricorrenza – l’8 marzo è stato per decenni la giornata delle donne lavoratrici per rivendicare diritti che la società capitalista negava ad esse. Fino al 2017 quando l’8 marzo si impone in tutto il mondo come la “Marcia internazionale delle donne”: una iniziativa (come documentato dal New York Times) del ‘filantropo’ George Soros per dirottare la ricorrenza “contro il femminicidio”. Obiettivo consolidato dalla nascita del movimento Ni una menos (“Non una di meno”) che, guarda caso, si sceglieva come sua icona le “guerrigliere curde” proprio quando le milizie curde diventavano gli ascari dei militari statunitensi che invadevano le zone petrolifere della Siria. Va da sé che a questa operazione mediatica abboccava la stragrande maggioranza della sinistra antagonista che, da allora, affolla i cortei contro il femminicidio, benedetti da Repubblica e da tutti i media mainstream.
Intanto incombe il 10 dicembre la Giornata internazionale dei diritti umani, consacrata, ovviamente, alla lotta al femminicidio. Servirà, anch’essa, a convincere le donne che i loro diritti non sono violati da un sistema economico e politico sempre più spietato e che, spesso, trasforma il nucleo familiare in un incubo, bensì dal maschio stupratore e assassino. Un’altra arma di distrazione di massa.
Francesco dice
Vorrei porre una domanda per avere altre opinioni oltre la mia. Perché tutta questa merda in scena? Per distruggere la figura del maschio e quindi la famiglia e quindi realizzare un birth control di malthusiana memoria?
Francesco dice
Scusate volevo dire messa in scena, errore del T9. Non ho riletto.