Il Qatar siamo Noi #11
Nel paese in cui il calcio è qualcosa fra un’istituzione e una religione, in cui le scuole trasmettono in diretta le partite della nazionale su disposizione del ministero e in cui il governo si premura di intervenire per razionalizzare la distribuzione delle figuritas, le figurine dei mondiali di cui c’è stata penuria, si sta consumando una crisi istituzionale nella quale, come sempre accaduto nelle vicende argentine, si intrecciano pallone e politica. Lo scorso primo settembre la vicepresidente Cristina Fernandez è stata vittima di un controverso attentato. Un uomo le si è avvicinato mentre rincasava dopo una seduta al Senato ed ha premuto più volte il grilletto della sua semiautomatica, che si è però inceppata, lasciando illesa la vicepresidente. L’attentatore, un trentacinquenne di origine brasiliana che lavorava come autista Uber e che la stampa ha dipinto come un esaltato nazisatanista, aveva già avuto i suoi cinque minuti di celebrità qualche giorno prima, quando era stato intervistato per strada da un’emittente televisiva producendosi in un’invettiva contro il governo in carica. Cristina Fernandez, dal canto suo, è un’Evita Peron all’ennesima potenza: vedova di Nestor Kirchner, che fu presidente dal 2003 al 2007, gli successe alla massima carica dello stato esercitando la presidenza per due mandati, fino alla fine del 2015. Il clan Kirchner-Fernandez si è fatto portabandiera del “peronismo di sinistra”, rappresentando la risposta argentina all’onda rossa che in quegli anni caratterizzava l’America Latina, ricostruendo il paese dopo i disastri del neoliberismo degli anni ’90 e smarcandosi, parzialmente e timidamente, dalla tutela del Fondo Monetario Internazionale e degli Stati Uniti. La condotta dei due è sempre stata spregiudicata, sia sul piano squisitamente politico che su quello degli affari: all’indomani dell’elezione dell’antikirchnerista Mauricio Macri alla presidenza, nel 2015, le indagini della magistratura sulla Fernandez poterono appurare che costei era al centro di una rete di corruzione, riciclaggio ed amministrazione fraudolenta di una tale portata che le furono posti sotto sequestro beni per 633 milioni di dollari. Eletta vicepresidente del suo omonimo Alberto Fernandez nel 2019 (almeno, non sono parenti), Cristina ha inaugurato un braccio di ferro con la magistratura provando a far valere le sue prerogative di seconda carica dello stato, ma diversi filoni d’indagine sono andati avanti ed il 22 agosto scorso il procuratore federale Diego Luciani ha proposto per lei una condanna a 12 anni per una vicenda di appalti pubblici pilotati. Da allora, in una crescente tensione, si sono moltiplicate le manifestazioni per chiederne le dimissioni, ed in questo contesto è maturato il tentato omicidio, che per gli oppositori è stata solo una messa in scena. Le indagini sono state affidate al magistrato María Eugenia Capuchetti, che è stata presto ricusata dalla Fernandez, la quale ha pubblicato un video in cui denuncia la cancellazione del contenuto del cellulare dell’attentatore, posto sotto la custodia della Capuchetti, la vicinanza della giudice a Mauricio Macri ed il suo passato nell’AFI, l’agenzia argentina di intelligence, nella quale lavorava anche sua sorella mentre venivano disposte operazioni di spionaggio rivolte alla sua persona, raccogliendo informazioni che sono state poi adoperate nel corso delle indagini. Mentre il paese impazzisce per i mondiali di calcio, deprimendosi dopo la sconfitta con l’Arabia Saudita ed esaltandosi dopo quella con il Messico, nei recessi dello stato profondo argentino si combatte una guerra all’ultimo sangue che coinvolge pure la nazionale, nella cui spedizione in Qatar c’è un sospetto “fisioterapista”, Pablo Capuchetti, fratello di Maria Eugenia e figlio di Alberto, agente dei servizi segreti che era stato a capo della sicurezza della delegazione argentina ai mondiali del 2014 e del 2018. Memore della lezione del 1978, quando la vittoria ai mondiali casalinghi “salvò” (per qualche anno) il regime militare, il duo Fernandez-Fernandez si augurava un nuovo successo, a ventisei anni dall’ultima volta, a due anni dalla morte di Maradona e con Lionel Messi all’ultima occasione della sua vita, per salvare il proprio regime abbuffando il popolo di circences mentre sta per mancare il panem, con un’inflazione al 100% e gli artigli del Fondo Monetario che tornano ad allungarsi minacciosi su un paese già fallito mille volte. Oggi c’è Argentina-Polonia: a Messi e compagni potrebbe bastare il pareggio per passare il turno.La loro prima tifosa sarà Cristina Fernandez: guai se i circenses finiscono troppo presto.
GR
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