Per onorare gli impegni della famosa agenda da qui al 2030 (e oltre), bisognerà cominciare col mettere mano alle case. L’Italia era già stata avvertita da tempo: troppi dispongono di case di proprietà, e sarebbe bene che un po’ di queste passasse nelle mani di qualche multinazionale o qualche fondo d’investimento. La direttiva europea che permetterà tale progresso è quella che impone di rendere “green” gli edifici entro il fatidico 2030, anno nel quale tutti gli immobili dovranno essere obbligatoriamente di classe energetica “E”. Gli interventi di ristrutturazione dovrebbero riguardare tutti gli edifici costruiti prima del 1974, anno in cui, sulla scia della crisi petrolifera dell’anno precedente, furono promulgate le prime leggi “moderne” in materia di edilizia e risparmio energetico. Per ora, sono previste delle eccezioni: luoghi di culto, edifici storici, strutture in dotazione all’esercito e alle forze dell’ordine, case indipendenti con superficie inferiore a cinquanta metri quadri, officine e capannoni agricoli saranno esentati dall’obbligo. Tutti gli altri dovranno adeguarsi: stime formulate dalle associazioni di costruttori parlano di nove milioni di edifici interessati, pari ai due terzi del patrimonio immobiliare nazionale, mentre da Bruxelles giungono numeri più rassicuranti, con poco più di tre milioni di immobili coinvolti. Circolano già i primi preventivi: secondo il Corriere della Sera, che sta dedicando all’argomento i proverbiali fiumi di inchiostro, si parla di 600000 euro per un condominio e 100000 per una villetta. Fatti due conti, gli stessi euroburocrati che tanto si sono prodigati per far passare la direttiva “green” hanno concluso che il processo non sarà attuabile senza un massiccio intervento pubblico. Per portare a termine la transizione, lo stesso Corriere riporta che sarà necessario “un anno di PIL”. Ciò che resta (volutamente) nebuloso è il regime sanzionatorio previsto per coloro che non vorranno o non potranno adeguarsi. I paventati divieti di vendita e di affitto di una casa “non a norma” sono stati rinviati, ma è chiaro che è lì che si andrà a parare. A meno che le casse pubbliche non si accollino il costo di tutte le ristrutturazioni (cosa insostenibile in virtù dei tanti “vincoli esterni” e che, se attuata, porterebbe comunque a sottoscrivere nuovi prestiti a strozzo), il malcapitato che non dovesse disporre del malloppo per “greenizzare” casa sua potrebbe chiedere un finanziamento ipotecando la casa stessa oppure, com’è lecito supporre, rassegnarsi a pagare una “multa” il cui importo andrà crescendo di anno in anno fino a farsi insostenibile. A quel punto, si sa bene a chi andrebbero quelle case: il fondo Black Rock sarà ben lieto di affittarle, a prezzo di favore, ai precedenti proprietari, che potrebbero finalmente godersi la vita. Chi riuscisse a passare indenne il 2030, non festeggi: entro il 2033 gli edifici dovranno essere “elevati” alla classe energetica “D”, ed entro il 2050 dovranno essere tutti “ad emissioni zero”.
Totoi dice
… l’ unica accusa che mi sento di fare va ascritta al Popolo Sovrano d’ Italia che, così pare, non ha capito molto di cosa gli stia accadendo intorno. Bene fanno quelli che comandano a trattarci come pezzenti e carne da macello. Loro sì che sono in piena regola con il loro ruolo e mandato ricevuto.
Quando ci sveglieremo non sarà mai troppo tardi… Siamo sempre in tempo a capovolgere il nostro destino….