Marco Di Mauro
Avanti.it
Il grande teatro della Terza guerra mondiale sembra essersi congelato in Ucraina, dove da due settimane non si registrano significativi cambiamenti nelle posizioni degli schieramenti, né ulteriore avanzamento da parte russa. Lo stallo ha destato altri campi di battaglia finora dormienti, infiammando il Medio Oriente dalla Siria all’Iran, con Israele e Turchia che hanno iniziato a minacciare a far sentire il suono dell’artiglieria, alzando il livello dello scontro.
Tuttavia, è sbagliato ritenere che la guerra d’Ucraina si sia fermata, mutandosi in una sorta di guerra di trincea: in verità il confronto tra le truppe di Mosca e quel che rimane dell’esercito regolare di Kiev è giunto nella sua fase più difficile per entrambi gli schieramenti. “L’operazione sta richiedendo così tanto tempo principalmente perché i soldati russi che partecipano hanno categoricamente ordini severi di evitare attacchi alle infrastrutture civili” ha dichiarato il 29 maggio il ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov, riconfermando i piani già chiarissimi degli strateghi di Piazza Arbatskaja: una guerra condotta postazione per postazione, villaggio per villaggio, lenta ma inesorabile e senza ripensamenti. L’obiettivo è infatti l’annessione dell’Ucraina del sud alla Federazione, la Novorossiya di cui Putin ha parlato nel discorso del 23 febbraio in cui, riconoscendo le repubbliche popolari del Donbas, aveva rispolverato il progetto di un nuovo stato federale accantonato nel 2015. E anche l’atteggiamento diplomatico è cambiato radicalmente rispetto alla coerenza con gli accordi di Minsk della prima fase del conflitto: “La Russia non convincerà l’Ucraina a partecipare ai negoziati, sono possibili solo alle condizioni di Mosca” ha infatti affermato il 2 giugno Valentina Ivanovna Matvienko, Presidente del Consiglio federale di Mosca. Insomma, la Russia ormai non tornerà indietro sulle annessioni territoriali.
Questo spiega l’attuale posizionamento delle truppe russe, che mostra anche l’attuale difficoltà: dal momento che nelle regioni a nord – Černihiv, Sumy e Kharkov – continuano i bombardamenti russi e le risposte di Kiev, si può parlare di controllo stabile dei territori conquistati solamente a sud, con l’oblast’ di Kherson sotto il completo controllo, come anche la quasi totalità di Zaporižžja, ma già non può dirsi lo stesso per il confinante oblast’ di Doneč’k, di cui Mosca controlla soltanto la parte meridionale: solo un piccolo territorio al confine orientale con la Russia comprende il territorio della RPD, mentre il resto della regione pullula ancora di soldati ucraini, che combattono in quei territori da otto anni, a differenza dei poco più di cento giorni di occupazione russa. Dopo la presa di Mariupol’ e di tutta la parte meridionale, i ceceni di Razman Kadyrov si sono recati a nord, in una zona insidiosa al confine con le regioni di Kharkov a ovest e Luhans’k a est. È proprio da qui che partono le deboli risposte che il regime filo-americano di Volodymyr Zelens’kyj, nonostante stia ricevendo un flusso costante di armi di seconda mano dai paesi NATO, riesce a dare rispetto alla preponderanza del secondo esercito al mondo.
Lo stallo orientale tuttavia non ha fermato l’inesorabile avanzata a occidente, verso la Moldavia, e il 27 maggio i due eserciti si sono fronteggiati nel distretto di Lymanski, proprio alle porte di Odessa, continuano inoltre i colpi di aviazione e artiglieria su Mykolaïv. Negli stessi giorni l’esercito russo ha prima consolidato le posizioni nell’Ucraina centrale bombardando postazioni nemiche a Vasilyevka, nel distretto di Zaporižžja, e poi distruggendo con missili ad alta precisione il deposito armi ucraino a Kryvyi Rih, nella regione di Dnipropetrovsk; sul fronte orientale, la fanteria ha assaltato il villaggio di Pasika a sud di Izyum, per poi penetrare nel nord della città di Sjevjerodoneč’k, dove è iniziato un lungo assedio che dura tuttoggi, lasciando presagire una nuova Mariupol’. Inoltre, le truppe si sono concentrate a Lyman, iniziando un lento accerchiamento a nord della città di Slov’‘jans’k. Gli ucraini hanno risposto come potevano, prima riconquistando il villaggio di Dadydiv Brid nella regione di Kherson, e poi iniziando un massiccio bombardamento sulla città di Doneč’k che ha ucciso cinque civili. I russi hanno risposto bombardando a loro volta Kiev.
Il conflitto dunque non accenna a placarsi e, se la strategia russa si attesta sulla guerra di fanteria e logoramento dell’avversario, non ha sbagliato il segretario di stato americano Blinken a dire che la guerra “durerà ancora molti mesi”. Di certo, sarà proprio la regione a nord dell’oblast’ di Doneč’k a decidere le sorti del conflitto, perché è là, nel triangolo tra Lysyčans’k, Slov’‘jans’k e Sjevjerodoneč’k che si annida ciò che è rimasto dell’esercito regolare ucraino, e semmai sarà annientato non ci saranno aiuti o armi NATO che tengano.
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