Marco Di Mauro
Avanti.it
La settimana è iniziata con la definitiva conferma dell’evacuazione dei civili intrappolati dai miliziani neonazi nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, segno della definitiva conquista da parte russa della città. Yl’ja Samoilenko, capo dell’intelligence del battaglione Azov, ha rilasciato dichiarazioni di biasimo nei confronti del governo ucraino, accusato di aver incensato i battaglioni nazionalisti in funzione propagandistica per poi abbandonarli a se stessi quando sono stati messi alle strette dal nemico, ammettendo inoltre che “la guerra è iniziata 8 anni fa”. In effetti, il ministero della difesa ucraino ha comunicato lunedì 9 che era in corso un ultimo assalto russo all’acciaieria con fanteria, carri armati e artiglieria pesante: chiara l’intenzione russa di farla finita con il battaglione Azov adesso che non ci sono più i civili di mezzo.
Più a nord, proseguono le operazioni di collegamento della regione di Kharkov con la Repubblica Popolare di Luhansk: dopo più di un mese di estenuante assedio, l’esercito russo ha sfondato la difesa delle Forze Armate dell’Ucraina nei pressi di Izyum e ha preso un insediamento ben fortificato, con ingenti perdite per entrambi gli schieramenti. Sono inoltre un centinaio i raid, aerei e di artiglieria, compiuti da Mosca sulle sole regioni di Kharkov e Doneč’k durante le ultime due settimane, soprattutto per liberare il campo alle truppe d’assalto e spianargli la strada verso Luhansk: come l’offensiva su Krasnyj Lyman (ancora in corso) e su Rubizhnoye, dove proprio oggi i russi hanno tolto le ultime insegne del governo di Kiev dopo aver conquistato la vasta area dell’impianto chimico di Zarya. Poco più a sud, anche la cittadina di Popasna ha visto il ritiro delle forze armate ucraine, mentre le truppe russe avanzano ad Avdiivka, a nord di Doneč’k, distruggendo gli avamposti ucraini a supporto delle milizie della RPD.
Nella parte sud-occidentale del paese, si intensificano i bombardamenti russi: prima Mykolaev e poi Odessa sono state colpite da 5 ordigni a lunga gittata: proprio nella città marittima lunedì era presente il presidente del consiglio europeo Charles Michel insieme al premier ucraino Denys Shmyhal, ma si sono dovuti precipitare in un rifugio anti-aereo e continuare là l’incontro istituzionale. Anche dal mare la minaccia russa si intensifica e consolida: 4 incrociatori e 2 sottomarini in questo momento sono a presidiare il Mar Nero armati di 30 missili Kalibr. Da qui sono partiti i missili che hanno distrutto la raffineria petrolifera di Kremenčuk, situata al centro del paese lungo il corso del Dnepr: un altro duro colpo per gli approvvigionamenti militari. Mosca ha anche dichiarato di aver bloccato un’offensiva ucraina mirata alla riconquista dell’Isola dei Serpenti, mentre il portavoce del ministero della difesa di Kiev Oleksandr Motuzianyk ha dichiarato che le forze ucraine hanno fatto saltare un ponte di collegamento con la Crimea.
Se il Cremlino allarga il buco della disfatta ucraina, la NATO prova a metterci la toppa: oggi il solito Borrell ha dichiarato che l’Unione Europea invierà altri 500 milioni di euro per spese militari, raggiungendo così, dall’inizio del conflitto, 2 miliardi donati all’Ucraina per continuare a farsi distruggere dalla Russia. Tutto questo mentre dai cittadini dei paesi sovrani dell’UE viene allontanata sempre di più la possibilità di pagarsi i beni di prima necessità. Anche la Camera USA ha approvato aiuti al paese per 40 miliardi di dollari.
Il potenziale distruttivo della guerra d’Ucraina è dunque circoscritto a est, soprattutto ai confini tra la regione di Kharkov e il Donbass, e a sud-ovest, dove i russi stanno preparandosi il terreno per una definitiva annessione e collegamento tra le repubbliche del Donbass e la Transnistria. Intanto, l’esercito di Kiev è mantenuto a singhiozzo dai sovvenzionamenti occidentali, ma non è più un esercito, essendo frammentato in una serie di manipoli più e meno addestrati, più e meno armati, rendendo sempre più concreto l’obiettivo strategico degli americani, che mirano ad attaccare i russi come i Taliban hanno fatto con la US Army, in una guerra lenta ma continua, puntando alla maggiore dimestichezza dei battaglioni nazionalisti con le terre dell’Ucraina meridionale e orientale, e sapendo che gli strateghi russi per ora non parlano di una fine dei combattimenti, avendo compreso la natura dei luoghi e il cinismo del nemico, pronto a usare i civili a proprio piacere.
Quanto ancora dovrà durare questo martirio per il popolo ucraino, è duro a dirsi. Gli strateghi di Putin non si fermeranno fin quando non avranno completato le annessioni territoriali previste dal loro piano, a meno che non arrivi un riconoscimento da parte ucraina delle loro richieste antecedenti al 24 febbraio. Cosa che Zelens’kyj sarebbe anche disposto a fare, ma i suoi burattinai americani glie lo impediranno fino alla fine: il loro obiettivo è che la guerra sia quanto più lunga possibile, e anche in una vittoria russa vedono l’opportunità di sancire la definitiva colonizzazione dell’Ucraina centro-settentrionale come nuovo bacino di mercato del dollaro, e nei nuovi equilibri geo-politici che ne conseguirebbero un pretesto per isolare Mosca dal mondo occidentale.
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