A Lidarno, frazione di Perugia, è imminente l’edificazione, su un terreno di proprietà comunale, di un “biolaboratorio di sicurezza su virus animali e umani”. Il committente è un ente pubblico, l’istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche “Togo Rosati”, che ha la sua sede centrale proprio nel capoluogo umbro. Quest’istituto, che si descrive come “un’azienda sanitaria pubblica che opera nell’ambito del servizio sanitario nazionale” e che ha come ragione sociale quella dell’ “espletamento di funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria”, dispone già di un laboratorio in quel di Pesaro, nella frazione campagnola di Villa Fastiggi. Le due nuove strutture in cantiere (oltre al biolab in Umbria è prevista anche la costruzione di un secondo centro a Pesaro che, giova ricordarlo, è un’inattaccabile roccaforte del PD), tuttavia, rientrerebbero nel “livello di biosicurezza 3”, oltre il quale ci sono solo quelli a massimo rischio sottoposti perlopiù a tutela militare (in tutto il pianeta sarebbero ufficialmente una cinquantina).Il rischio di una “nuova Wuhan” alle porte di casa ha innescato mobilitazioni parallele nelle due città coinvolte, iniziative che culmineranno nella manifestazione nazionale prevista a Pesaro il prossimo primo maggio. Il processo che ha condotto il consiglio comunale della città marchigiana ad approvare la delibera sulla realizzazione di un secondo biolaboratorio sul suo territorio, in località Torraccia, pochi chilometri a Nord rispetto a quello già esistente, è un capolavoro di democrazia. Si sono tenute infatti due votazioni in merito in seno all’assemblea pesarese: nella prima il testo è stato approvato all’unanimità, nella seconda ha ricevuto ventiquattro voti a favore e uno contro. Il popolo, dunque, ha approvato attraverso i suoi rappresentati la prospettiva che si armeggiasse con virus pericolosi in un’area che, pur essendo relativamente isolata, sorge a ridosso di zone ad alta densità abitativa. Nonostante tale processo sia stato democraticamente ineccepibile, fra i residenti interessati è partita una spontanea mobilitazione contro il biolab della Torraccia. Per rispondere alle perplessità dei cittadini sulla controversa struttura, è sceso in campo addirittura Roberto Burioni, che è originario proprio del pesarese. In in post su Facebook che gli ha se non altro garantito qualche articolo sulla stampa locale, il televirologo per eccellenza ha sciorinato una serie di affermazioni rassicuranti. Eccone un’antologia: “…riprendiamo la vita normale grazie a luoghi come questo, che sono riusciti a isolare a tempo di record il virus che causa il Covid”, “… fidatevi della scienza, perché è l’unica cosa che, se siete veramente nei guai, vi salva la vita.”, “In tempi normali una simile iniziativa sarebbe stata salutata con grande entusiasmo.” e, dulcis in fundo, “… come si legge la parola virus si viene presi dal panico, qualcuno soffia sul fuoco della paura che è facile (e irresponsabile) alimentare e che è difficile spegnere”. Burioni ha pure allegato una foto (“per tranquillizzare chi ha paura”) in cui è ritratto nei pressi della porta di accesso ad un biolaboratorio di livello 3 che si troverebbe a una decina di metri dal suo ufficio all’università San Raffaele di Milano: in pratica, il nostro eroe avrebbe passato gli ultimi vent’anni della sua vita in una “piccola Wuhan”. Nell’attesa che la persuasione burionesca faccia effetto, la mobilitazione va avanti. Alla sua testa si sono posti esponenti del Movimento 5 Stelle e di associazioni ambientaliste di matrice piddina, e si vede: per impedire la costruzione dei biolaboratori sono partiti appelli a Mattarella e all’Unione europea. Di istituti zooprofilattici sperimentali in Italia ce ne sono nove oltre a quello umbro-marchigiano, e tutto lascia presagire che il loro lavoro andrà intensificandosi nei prossimi anni. È attraverso questi processi che matura l’ucrainizzazione dell’Italia, il passaggio dal ruolo di “colonia-portaerei” degli amici americani a quello di “colonia-centro di sperimentazione”. I biolab campagnoli faranno rimpiangere la terra dei fuochi. Era meglio essere una repubblica delle banane.
GR
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