Marco Di Mauro
Avanti.it
Non c’è proprio pace per Urbano Cairo. Avevano iniziato i tecnici con uno sciopero proclamato per venerdì 13 gennaio, e che poi si era svolto il successivo martedì 17, e fu subito panico a La7: la Merlino aveva sospeso L’Aria che tira perché non trovava più chi le andasse a prenotare la ceretta, la Gruber aveva dovuto piazzarsi da sola il faro da stadio che le nasconde ogni giorno i segni dell’età, Mentana aveva dovuto lasciare le bufale nella stalla, non trovando nessuno disposto a passargli la scena di qualche film d’azione, e Bianchi era stato costretto a chiedere ospizio al suo amico povero Abou, che di spazio in casa ne ha a bizzeffe. I tecnici, provati dal tour de force che gli era stato richiesto dagli ultimi due anni di propaganda forzata, chiedevano riconoscimenti professionali, stabilizzazione dei lavoratori precari, miglioramento della qualità lavorativa con un accordo sullo smart working e la flessibilità oraria, oltre a un contributo economico speciale in cambio del lavoro straordinario affibbiatogli in questi ultimi due anni infuocati. Chiedevano anche di migliorare il clima aziendale, dopo aver denunciato il mese precedente le vessazioni quotidiane a cui erano sottoposti dall’arroganza di Myrta Merlino, che evidentemente è nella vita così come si presenta da giornalista, debole coi forti e forte coi deboli. Ma questa è la cifra effettiva del giornalismo lasettiano, un grosso apparato di vessazione mediatica del pensiero critico e di propaganda martellante del messaggio di regime: da Giletti a Formigli, dalla Gruber a Mentana, gli sgherri di Cairo Communication somigliano più a questurini che giornalisti. Ma anche i più servili prima o poi s’incazzano, ed è venuto il momento dello sciopero dei giornalisti della trista emittente, che giovedì 2 febbraio hanno annunciato cinque giorni di sciopero. E cosa chiedono: maggiore indipendenza nel lavoro, certa garanzia di libertà d’espressione e pluralità d’opinione, costituzione di un comitato scientifico che aiuti Mentana a dire meno frescacce? Macché! Chiedono di continuare a fare i lacchè di regime, ma con stipendi più alti e garanzie di lavoro certo. Di adeguare l’organico alle attuali esigenze aziendali, con sostituzione dei giornalisti in uscita e stabilizzazione dei precari, corretta applicazione del Contratto nazionale e degli Accordi integrativi aziendali; di adeguare gli stipendi al caro vita, e un premio economico di continuità per aver a dovere abbaiato agli oppressi e scodinzolato agli oppressori durante la pseudo-pandemia da Covid 19. Uno dei nodi più importanti è la svendita del loro lavoro da parte della dirigenza Cairo ad altri operatori: “devono ritenersi illegittimi eventuali contratti stipulati con operatori della telefonia, di Internet e altri produttori o divulgatori di contenuti per l’utilizzazione dell’opera dei giornalisti de La7, in assenza di uno specifico accordo sulla cessione dei diritti all’esterno del gruppo, ciò per le previsioni dell’articolo 14 del Contratto e dei vigenti Patti aziendali” (Assemblea dei giornalisti di La7, fonte Professione Reporter).
È prevista la sospensione di quasi tutti i programmi-cardine del palinsesto come L’aria che tira, Omnibus, Coffee break, Tagadà, Otto e mezzo, Dimartedì, Piazzapulita e il Tg La7: con tutta la monnezza che ci ha tolto davanti, è molto probabile che Cairo sia stato assunto alla nettezza… Urbana. E chissà che il pubblico di La7 non colga l’occasione per cambiare canale e andare a informarsi sul serio.
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