Marco Di Mauro
Avanti.it
Gira da qualche giorno sui social la notizia che Albert Bourla si sia dimesso dal suo ruolo di amministratore delegato del colosso farmaceutico Pfizer, in prima linea nella strage organizzata a livello mondiale coi farmaci genici sperimentali denominati ‘vaccini Covid’ – impropriamente, dato che nulla hanno né del vaccino, né del virus Sars-Cov2 che non è ancora mai stato isolato e opportunamente sequenziato – che ha causato un sensibile aumento della mortalità a causa dei disastrosi effetti avversi riscontrati negli inoculati in tutti i paesi dove sono state avviate le campagne di sperimentazione coatta sui popoli inermi. Secondo i rumores, l’ex veterinario (questo spiega molte cose…) e ossequioso servo degli interessi globalisti avrebbe abbandonato il suo ufficio al 235 della 42esima Strada Est di New York per scappare in Israele, dove gli sarebbe stata garantita l’impunità. Nulla di tutto questo purtroppo è vero: il dottor Bourla è ancora nel suo ufficio a portare avanti la colonizzazione biotech del corpo umano da parte del capitalismo transumanista.
Certo, ne ha avuti di problemi il signor Albert: l’inchiesta dell’Ombudsman europeo Emily O’Reilly – protagonista della recente opera Lobbying di Pietro Ratto – sull’illegalità dei contratti stipulati da Pfizer e l’Unione Europea per l’acquisto di circa 2,4 miliardi di dosi del veleno prodotto dalla multinazionale statunitense posseduta in maggioranza dal colosso BlackRock, per un guadagno di 35 miliardi di euro – circa la metà della cifra totale, 71 miliardi, ovvero la spesa singola più elevata mai fatta nella storia dell’UE, una cifra scellerata ed esorbitante, considerato che gli abitanti dell’Unione sono poco meno di 448 milioni, per l’acquisto di circa dieci dosi di ‘vaccini Covid’ per abitante, con buona pace dei ‘professionisti dell’informazione’ secondo i quali le Big Pharma avrebbero operato per il bene dell’umanità, a prezzo di costo. Le indagini dell’Ombudsman e della Corte dei conti europea si sono basate soprattutto sulla terza consegna di Comirnaty, in quanto differiva dalle precedenti sia nelle quantità che nella modalità: le prime due, ciascuna di 300 milioni di dosi – quantitativo uguale a quello fornito dalle altre compagnie Moderna, AstraZeneca, Gilead Sciences e Sanofi – risalgono rispettivamente a novembre 2020 e febbraio 2021, e sono avvenute attraverso i canali ufficiali e conformemente alle leggi europee; la terza, risalente a maggio 2021, ha compreso 1,8 miliardi di dosi – circa sette volte il quantitativo delle altre compagnie – ed è avvenuta in piena segretezza, attraverso una comunicazione privata tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla, in barba a tutti i regolamenti europei sulla trasparenza degli atti, secondo i quali ogni singolo contratto stipulato dall’Unione deve essere stipulato da una squadra di tecnici di Bruxelles e funzionari dei paesi membri. Di questa operazione cheek to cheek con la presidente della Commissione europea il dottor Bourla avrebbe dovuto render conto davanti a un’altra commissione, quella speciale sul Covid del Parlamento europeo, messa su apposta per lui e i suoi compari produttori di vaccini e presieduta dall’eurodeputato belga Kathleen Van Brempt, questo 10 ottobre, ma pochi giorni prima ha fatto sapere che non si sarebbe presentato, mandando al suo posto Janine Small, responsabile per lo sviluppo dei mercati internazionali di Pfizer, che è stata, in quell’occasione, l’unica compagnia a non essere rappresentata dinanzi alla commissione dal proprio ceo. Eppure gli sms venuti fuori dalla famosa inchiesta del New York Times alla fine del 2021 provenivano dal suo cellulare, ma questo al veterinario più ricco del mondo non interessa: pochi mesi dopo l’inchiesta del quotidiano newyorchese era a Davos a mostrare i suoi calzini nuovi accavallando le gambe di fronte al solito zio Klaus, a cui ha parlato di miracolosi microchip capaci di somministrare farmaci da remoto. Un’altra audizione, fissata per il 5 dicembre, è stata elegantemente glissata dal nostro con una lettera inviata il giorno stesso alla Van Brempt: «Rispetto all’audizione di ottobre non abbiamo ulteriori informazioni da condividere quindi declino rispettosamente l’invito. […] Poche settimane fa, il nostro presidente per i mercati internazionali, Janine Small, ha già testimoniato davanti alla vostra commissione» il che suona davvero assurdo, considerando che l’unica cosa di cui la commissione vuole essere informata è il contenuto dei messaggini inviati da lui privatamente a Ursula von der Leyen.
Non che la commissione d’inchiesta sul Covid potesse fare più di tanto, essendo nient’altro che un teatrino allestito per salvare la faccia dalle istituzioni europee, già travolte da uno scandalo dopo l’altro e ormai dimostratesi soltanto una struttura tecnocratica totalmente nelle mani di lobbisti, grandi affaristi e consorterie massoniche. Una struttura in tutto nemica ai popoli europei, dei quali i tecnocrati di Bruxelles sono soltanto i kapò al servizio dei carnefici e nient’altro che marionette essi stessi, che un amministratore qualunque di una qualunque multinazionale può permettersi di umiliare senza subire alcuna conseguenza.
Lascia un commento