Il giornalista Matt Taibbi si concentra sul rapporto del social network con l’FBI, arrivando a definirlo una “filiale” della polizia federale. Egli rivela come questo servizio di intelligence “iper-intrusivo” abbia collaborato con il precedente team della piattaforma per moderare i suoi contenuti e chiedere la sospensione di diversi account, compreso quello dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il giornalista e collaboratore del miliardario Elon Musk, nuovo proprietario della piattaforma che, dal 2 dicembre, ha iniziato a pubblicare file per dimostrare “interferenze” da parte di Twitter nelle precedenti elezioni statunitensi, nelle rivelazioni di questo caso promette di svelare dettagli su “come il governo raccoglie, analizza e riporta contenuti sui social network”. Elenca i diversi dispositivi, canali e modi in cui l’FBI ha sollecitato l’intervento del team di moderazione dei contenuti. Cita la task force sui social media dell’FBI, nota come Foreign Influence Task Force (FTIF), istituita dopo le elezioni presidenziali del 2016 per identificare, come suggerisce il nome, “presunte influenze straniere e falsificazioni elettorali di ogni tipo”. “Quello che la maggior parte delle persone considera lo ‘stato profondo’ è in realtà una collaborazione intricata di agenzie statali, imprenditori privati e ONG (a volte finanziate dallo stato). Le linee diventano così sfocate che non hanno più senso”, conclude Matt.
Ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, si palesa il “sodalizio” tra social network e “stato profondo”.
Twittate gente, twittate!
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