Ieri centinaia di impiegati di Google in Svizzera sono scesi in piazza a manifestare contro la decisione di Alphabet – la holding che controlla il gigante del web – di licenziare nel febbraio scorso 250 lavoratori della sede di Zurigo. La decisione fu comunicata nel gennaio scorso da parte del Ceo di Alphabet Sundar Pichai.
Ad organizzare la protesta è stato il sindacato IT Syndicom, il sindacato maggioritario tra i lavoratori delle aziende del web, e segue una prima protesta fatta nel mese di febbraio. La manifestazione è stata comunicata tramite il blog dello stesso sindacato, in risposta alla decisione di Google di licenziare i 250 dipendenti della sede svizzera. Come riporta Business Insider, un leader del sindacato ha raccontato che i lavoratori avrebbero chiesto un incontro con i dirigenti dell’azienda per fare delle proposte che potessero salvare i colleghi dal licenziamento. “Avevamo proposto una riduzione del salario e del monte ore della giornata lavorativa, pur di evitare il licenziamento”. Ma ovviamente la dirigenza di Alphabet non solo non ha accettato, ma ha addirittura ignorato la proposta. Per cui ieri, i lavoratori in protesta, hanno avanzato un’altra proposta: un tavolo di trattative fra Alphabet e i lavoratori stessi per giungere ad un accordo che possa salvare i colleghi licenziati. Da Alphabet fanno sapere che il licenziamento rientra nei piani industriale di ristrutturazione dell’azienda, che prevedono di ridurre il numero di dipendenti, favorendo una maggiore automazione delle attività lavorative. In sostanza, come è accaduto già con Meta e Microsoft, le assunzioni operate durante la pandemia, non sono più necessarie per mandare avanti l’attività aziendale, poiché gli incrementi degli utenti sono facilmente gestibili automaticamente dalle strutture aziendali
E in effetti, non può esserci altra spiegazione per i licenziamenti voluti da Alphabet, se non quella di una sostituzione dell’uomo con “le macchine”, considerando che lo scorso anno la società ha avuto utili pari a 60 miliardi di euro; una situazione diversa rispetto a quella di Facebook – in crisi a causa degli errati investimenti – o di Twitter, sempre meno usato a causa della sua funzione di “polizia del web”.
I giganti del web sono un vero e proprio tritacarne, pronti a sacrificare l’intera umanità per i loro progetti. Il transumanesimo è qui.
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