Mentre in tutto il mondo, Cina compresa, la religione vaccinista perde adepti anche nel mainstream e nelle istituzioni scientifiche e sanitarie, in Italia il siero magico continua ad “ammaliare” i televirologi ed, addirittura, l’Istituto superiore di sanità, che continuano a spingere per l’ennesima iniezione salvifica. Una delle poche voci fuori dal coro è quella del direttore generale dello Spallanzani, Francesco Vaia, che ridimensiona l’isteria dei recenti fatti cinesi, arrivando a proporre di parlare ormai di “Covid-23” e non più di “Covid-19”, proprio per sottolineare il cambiamento sostanziale del virus e del contesto sanitario. Dal Telegraph, che ha azzardato la correlazione tra la vaccinazione e l’infarto in campo della star di football americano Damar Hamlin, al cardiologo Aseem Malhotra, provax “pentito”, dopo che un infarto ha stroncato il padre a meno di sei mesi dalla vaccinazione, alle riviste Lancet, Nature e Science Immunology, che, a vario titolo, iniziano timidamente a mettere in discussione l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei richiami, ad istituzioni come Harvard e Mit, che indagano le correlazioni tra la proteina Spike e le miocarditi, ormai è evidente che l’aria stia cambiando. Vogliamo capire che, fino a quando lo dicevamo solo noi “pazzi complottisti”, non era il caso di crederci, ma ora che inizia a dirlo la loro scienzah, come mai in Italia si fanno ancora orecchie da mercante?
AD
Lascia un commento