Nella giornata di ieri è stata perquisita la sede romana di “No justice without peace”, la ong di cui era presidente Niccolò Figà-Talamanca, già indagato ed arrestato (per poi essere scarcerato) per l’inchiesta sul cosiddetto “Qatargate” di cui è considerato il “deus ex machina” insieme a Pier Antonio Panzeri della maxi corruzione in favore di Qatar e Marocco.
Oltre alla sede della ong, la magistratura belga – accompagnata dagli uomini della guardia di finanza di Milano – hanno perquisito la abitazione di Antonella Casu, tesoriera di No Justice Without Peace. Secondo la ricostruzione degli inquirenti della magistratura belga, la ong sarebbe stata il tramite attraverso cui Qatar e Marocco avrebbero fatto passare il denaro necessario per corrompere gli europarlamentari affinché operassero in favore dei due paesi arabi. Secondo le ultime indagini, la cifra giunta nelle casse dell’organizzazione si attesterebbe a circa 5 milioni di euro. I dirigenti ed i legali della organizzazione non-profit hanno ovviamente negato ogni coinvolgimento e si dicono “disponibili ad ogni chiarimento e a collaborare con le autorità inquirenti affinché si chiarisca questa incresciosa vicenda”.
La perquisizione della sede italiana di No Justice Without Peace, getta però ombre anche sulla politica di casa nostra. Fondata nel 1993 da Emma Bonino; la organizzazione in questione era ed è dunque legata fortemente al Partito Radicale del quale Antonella Casu un tempo era responsabile delle candidature e che, qualche anno fa, aveva dato vita ad una campagna per la “trasparenza dei nostri candidati”. Tutto lascia pensare che Cozzolino non sarà l’ultima delle comparse italiane in questo losco affare di eurocorruzione, che ha già fatto saltare alte cariche a Strasburgo.
Ecco, appunto, la trasparenza; quella che si chiede ad Emma Bonino che da due mesi – da quando è iniziata l’inchiesta e sono venuti fuori i legami con la sua ong – tace, quasi a voler negare col proprio silenzio gli strettissimi rapporti umani e politici con Antonella Casu, con Pier Antonio Panzeri e Niccolò Figà-Talamanca. Nessuna parola a difesa degli indagati; nessuna parola contro. Un silenzio che diventa sempre più imbarazzante ma che, prima o poi, la stessa Bonino dovrà rompere.
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