C’è aria di rivolta in Israele a causa della controversa riforma giudiziaria, presentata dal ministro della giustizia Levin, che vedrebbe ridurre l’indipendenza della magistratura a scapito del potere esecutivo; una riforma che rafforzerebbe la posizione del primo ministro Netanyahu, al momento sotto indagine per abuso di ufficio e corruzione. Infatti una parte della riforma, già approvata venerdì scorso, prevede che a dichiarare decaduto il primo ministro – a seguito di una sentenza di condanna – potrà essere soltanto il governo stesso ed il parlamento, in seguito, dovrà ratificare tale decisione. La nuova legge, dunque, riduce i poteri della giustizia israeliana, togliendo alla Corte Suprema la capacità di dichiarare decaduti dalle cariche pubbliche i politici condannati in via definitiva. Il voto della Knesset di venerdì scorso ha scatenato ancora una volta le proteste di piazza, con decine di migliaia di israeliani scesi per strada per manifestare la propria indignazione contro una riforma considerata pericolosa per la democrazia israeliana, sia dall’opposizione sia dagli storici alleati di Sion e contrastata anche dai militari che nelle scorse settimane hanno indetto pure uno sciopero.
Ad aggravare la situazione è stata la decisione di Netanyahu di licenziare il ministro della difesa Yoav Gallant per aver pubblicato un tweet in cui si dichiarava contrario alla riforma voluta da Netanyahu poiché “mette in pericolo la sicurezza di Israele”, chiedendo anche un rinvio del voto parlamentare a dopo la festa dell’indipendenza di Israele, a fine aprile. Il primo ministro, non accettando alcuna voce critica fuori dal coro, ha deciso di rimuovere Gallant dal suo ruolo, non ritenendolo “più idoneo a svolgere il suo servizio per il governo”, come si legge nella nota ufficiale del governo israeliano. Un plauso è arrivato dal ministro per la sicurezza nazionale, rappresentante dell’ultradestra sionista, Itamar Ben-Givir che si congratula con il primo ministro “per aver preso questa necessaria decisione”. Alla notizia del licenziamento di Gallant, la protesta è nuovamente esplosa, con più di 200 mila israeliani scesi per le strade di tutto il paese: Tel Aviv, Gerusalemme Est (territorio occupato da Israele) e persino le autostrade, sono state bloccate da una fiumana di persone. La polizia ha reagito violentemente per disperdere le proteste, utilizzando cannoni ad acqua nel vano tentativo di fermare le proteste andate in scena per il dodicesimo sabato di fila. E ad esprimersi contro la riforma, chiedendone uno stop, c’è il presidente israeliano Herzog. “In nome dell’unità del popolo di Israele, in nome della responsabilità, vi invito a fermare il processo legislativo”, ha scritto su Twitter. “Una profonda ansia ha attanagliato la nazione. La sicurezza nazionale, l’economia, la società: tutto è minacciato“.
Forse le proteste di massa e gli appelli provenienti anche dal presidente israeliano, sembrano aver portato Netanyahu a più miti consigli; molte agenzie di stampa internazionali, riportano che nella nottata, il premier avrebbe riunito tutto il suo gabinetto per discutere sul da farsi. E secondo alcune indiscrezioni, oggi dovrebbe tenere un discorso alla Knesset per annunciare uno stop momentaneo al progetto di riforma.
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