Dopo i fatti avvenuti la scorsa settimana all’interno della moschea di Al-Aqsa, con la polizia israeliana che ha manganellato, picchiato e stordito con gas i musulmani presenti all’interno per la tradizionale preghiera del ramadan – il mese sacro dell’Islam – da cui poi è partita la rappresaglia arabo-palestinese, con centinaia di razzi lanciati simultaneamente da Gaza, dal sud del Libano e persino dalla Cisgiordania illegalmente occupata dai sionisti, Benjamin Netanyahu ha ordinato il divieto di ingresso per gli ebrei e per tutti i non musulmani presso la moschea, conosciuto dagli ebrei come il “Monte del Tempio” che ospita appunto la moschea Al-Aqsa, uno dei luoghi sacri dell’Islam, nonché luogo sacro anche per l’ebraismo ed il cristianesimo.
La decisione di Netanyahu arriva dopo una lunga riunione con Yoav Gallant, il ministro della Difesa, il capo di stato maggiore, il capo dello Shin Bet e il commissario generale per la sicurezza di Israele. Dunque, ebrei e non musulmani non potranno in alcun modo recarsi ad Al-Aqsa né sulla spianata antistante per pregare. Il divieto arriva dopo che la tensione è salita alle stelle quando i musulmani in preghiera presso la moschea sono stati letteralmente aggrediti dalla polizia sionista in una azione definibile di “macelleria messicana”. Ma le azioni antipalestinesi non finiscono qui: nella mattinata di lunedì, più di 800 ebrei ortodossi – quelli che appoggiano i partiti di estrema destra alleati di Netanyahu – hanno provocato ed insultato i palestinesi lì presenti con la protezione, dunque la complicità, della polizia israeliana.
Ormai è chiaro il disegno che si cela dietro le decisioni di Netanyahu: vuole arrivare allo scontro con i palestinesi, fomentando le divisioni religiose, per tenere lontana l’attenzione dai suoi problemi politici legati alla riforma della giustizia che ha fortemente spaccato la società israeliana. Uno scontro settario, quello voluto da Netanyahu, che si rivolge non soltanto contro i musulmani ma anche contro i cristiani. Tuttavia, il governo israeliano dopo l’attacco congiunto della scorsa settimana subito da 3 fronti – Gaza, Libano e Cisgiordania – sa di non poter affrontare una guerra dividendo il suo esercito su tre direttive operazionali e vuole evitare di ritrovarsi nella situazione del 2014 quando, dopo aver attaccato Gaza si ritrovò senza munizioni e armi dovendo chiedere supporto agli USA che oggi non potrebbero aiutare Israele nuovamente visto il dispendioso impegno bellico in Ucraina.
Insomma, Israele attacca ed il popolo palestinese risponde senza paura. E per Netanyahu la situazione si fa sempre più critica.
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