“Tanto tuonò che piovve” verrebbe da dire con riguardo alle vicende israeliane delle ultime settimane. Infatti Netanyahu, dopo aver rimosso ieri il ministro della difesa Gallant reo – agli occhi del dominus della politica sionista – di essersi dichiarato contrario alla riforma della giustizia, riferendo alla Knesset ha dichiarato lo stop alla seconda e terza lettura dei disegni di legge che compongono la criticatissima riforma della giustizia che “va comunque fatta”, nonostante le proteste che vanno avanti ininterrottamente da due mesi. Lo stop arriva perché Netanyahu vuole prendere tempo e allargare la discussione sulla riforma anche ai partiti di opposizione. “Ho fatto appello al dialogo e ricordo che non ci troviamo di fronte a nemici ma a fratelli. Non ci deve essere guerra civile“, dice il premier e poi passa all’attacco di “una minoranza di estremisti pronta a lacerare il paese, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza”. Non passa inosservato ai suoi occhi nemmeno la decisione dei soldati della riserva di non combattere in segno di protesta contro la riforma. Per Netanyahu “Israele non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo dai capi dell’esercito di opporsi a questa e non mostrare comprensione, va fermata”. Benny Gantz, leader del partito centrista Mahane Mamlachti, accogliendo l’appello del premier Netanyahu al dialogo ha dichiarato “mi presenterò al dialogo sulla giustizia dal capo dello Stato Isaac Herzog con cuore aperto e anima sincera. Dobbiamo opporci ad una guerra civile” ha aggiunto – “ma non faremo compromessi sui principi della democrazia”.
Ben Gvir ministro della sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra Potenza Ebraica, ha accettato la tregua in cambio della creazione di una guardia nazionale sotto il suo controllo.
Dopo l’annuncio dello stop alla riforma, i sindacati nazionali hanno revocato lo sciopero generale nazionale mentre le forze politiche e le associazioni culturali vicine al governo Netanyahu hanno indetto una manifestazione per il 30 aprile a sostegno della riforma. Al contempo le ambasciate israeliane di tutto il mondo hanno ricevuto l’indicazione di unirsi allo sciopero nazionale – per adesso sospeso dai sindacati – indetto contro la riforma della giustizia. Le ambasciate in Francia, Stati Uniti, Portogallo e Belgio hanno già comunicato sui loro profili social che aderiranno allo sciopero fornendo ai cittadini soltanto servizi in caso di emergenze.
Lo stop alla riforma rappresenta dunque una vera e propria tregua dello scontro politico che, come ha detto Netanyahu, rischiava di trasformarsi in una guerra civile. E nonostante le aperture di entrambi i fronti politici, dalle dichiarazioni del premier e dei leader dell’opposizione, il confronto sarà aspro e forse inconcludente se Netanyahu vorrà comunque approvare la riforma, mentre l’opposizione avverte che non farà alcuna concessione che possa danneggiare la democrazia.
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