La tensione non sembra destinata a calare in Israele a causa delle continue proteste popolari organizzate in opposizione alla riforma della giustizia voluta da Netanyahu. Da più di un mese ormai, gli israeliani scendono regolarmente in piazza per fare pressione sul governo israeliano affinché ritiri il disegno di legge di riforma – che se approvato limiterebbe l’autonomia della magistratura – considerato dannoso per lo stato di salute della democrazia israeliana. Come già visto, Netanyahu – sotto indagine per accuse di corruzione – è fermamente convinto della necessità di mettere un freno ad una giustizia che considera troppo libertina nei confronti del potere politico.
Le proteste ormai sono all’ordine del giorno e hanno puntato il loro obiettivo direttamente sulla persona di Netanyahu. Questa mattina, il premier israeliano era diretto all’aeroporto Ben-Gurion di Tel Aviv dove avrebbe incontrato il segretario alla difesa americano, Lloyd Austin, prima di partire per un viaggio di due giorni a Roma. Gli organizzatori delle varie manifestazioni si sono recati presso l’aeroporto con un lungo corteo di auto sventolanti la bandiera israeliana. Una volta raggiunto l’aeroporto, sono scesi e hanno tentato, invano, di rallentare le attività del terminal delle partenze, sperando di impedire sia l’incontro con Austin, sia il viaggio a Roma. Ovviamente il corteo non ha bloccato il viaggio di Netanyahu che dalla residenza ufficiale, ha raggiunto l’aeroporto in elicottero.
Il ministro degli interni israeliano si è detto contrariato da questo gesto. “Tutti hanno il diritto di manifestare” ha detto “ma nessuno ha il diritto di rovinare la giornata a 70 mila persone”, riferendosi al numero dei passeggeri attesi al Ben-Gurion nella giornata di oggi.
La protesta di oggi non ha sortito alcun effetto sulla tenuta di Netanyahu e del suo governo; ma è chiaro che i manifestanti sono diventati una spina nel fianco di un premier che, impegnato a soddisfare i disegni espansionistici dei più radicali sionisti, deve anche pensare di soddisfare le richieste politiche di quella fetta di popolazione che lo considera un dittatore al pari di Erdogan.
Lascia un commento