Comincia a traballare l’accordo internazionale per i corridoi del grano in Ucraina, con la Russia che avverte che potrebbe considerare l’ipotesi di tirarsene fuori, causando anche un aumento del prezzo del grano.
Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov nei giorni scorsi ha dichiarato che Mosca potrebbe sfilarsi dall’intesa per via di alcuni ostacoli al finanziamento, alla registrazione logistica e all’assicurazione delle esportazioni dei prodotti agricoli russi, di fatto non sottoposti a sanzioni da parte dell’Occidente. “Se non ci saranno progressi positivi nel rimuovere gli ostacoli per le esportazioni di grano e fertilizzanti russi, valuteremo se questo è un accordo necessario”, ha detto Lavrov durante una conferenza stampa ad Ankara col suo omologo turco Mevlut Cavusoglu. La Federazione Russa potrebbe dunque esportare i suoi prodotti al di fuori dell’accordo sul grano, se le parti di questo accordo dovessero persistere nel porre i suddetti ostacoli. La Turchia, che insieme alle Nazioni Unite ha svolto un ruolo di mediazione nell’ambito dell’iniziativa, conviene sul fatto che la rimozione di certe barriere sia una condizione necessaria per un’ulteriore estensione dell’accordo, già precedentemente soggetto a proroghe. Sia Lavrov che Cavusoglu ritengono “fallimentare” l’attuazione dei termini dell’accordo. Se necessario, la Russia potrebbe aggirare l’accordo sul grano collaborando con la Turchia e il Qatar. Le notizie di tensioni provenienti dal Mar Nero cominciano ad avere ripercussioni sul prezzo del grano a livello mondiale. I features sul grano della Chicago Board of Trade (CBOT) hanno guadagnato l’1% a 6,82 dollari per staio. “L’aumento delle tensioni nel Mar Nero potrebbe sostenere i futures del grano negli Stati Uniti”, ha affermato Terry Reilly, analista senior di Futures International. “L’accordo di esportazione dell’Ucraina scadrà a maggio e la Turchia sta cercando di estenderlo. Nel frattempo, la Russia vorrebbe negoziare un accordo che includa le esportazioni di fertilizzanti”.
L’accordo sul grano ucraino però non è inviso soltanto a Mosca, come testimoniano alcune proteste degli agricoltori in molti paesi europei. Infatti la Romania è diventata teatro di proteste: migliaia di agricoltori hanno bloccato il traffico di frontiera con trattori e camion mossi dalla rabbia per l’impatto delle importazioni di grano ucraino sul calo dei prezzi. Il malcontento di circa 200 agricoltori li ha condotti a Bucarest, dove hanno lamentato di essere stati ignorati dall’Unione Europea pur avendone rispettato le regole. Importanti quantità di cereali ucraini, nettamente più economici di quelli prodotti nell’Ue, sono state destinate ai paesi dell’Europa centrale con significativi riflessi sui prezzi e sulle vendite. Anche in Polonia l’afflusso massiccio di cereali e semi oleosi ucraini ha destabilizzato il mercato locale con conseguenti proteste nel Paese, tanto da portare il ministro polacco dell’Agricoltura a dimettersi e ad un accordo tra Ucraina e Polonia sulla sospensione delle esportazioni dei prodotti, almeno finché non verranno elaborate delle procedure di limitazione.
Sulla questione del grano ucraino, l’UE e tutto il mondo occidentale hanno commesso l’ennesimo autogol – probabilmente voluto dalle élite per la distruzione economica occidentale – che sta portando al collasso del mercato agricolo. È lo stesso schema che abbiamo visto sull’embargo al petrolio russo. E i risultati sembrano essere gli stessi.
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