La Nato ha esaurito le scorte di munizioni e armamenti da quando è iniziata l’operazione speciale russa in Ucraina. La situazione delle riserve dell’Alleanza Atlantica è critica, secondo quanto riferito da un alto esponente della Nato alla Reuters.
Da quando il 24 Febbraio le truppe russe hanno varcato i confini ucraini, i Paesi Nato hanno subito inviato tonnellate di aiuti in armamenti, mezzi militari e munizioni per sostenere Kiev contro l’avanzata russa. Ovviamente questa decisione ha messo a dura prova le dotazioni di tutti gli eserciti europei che, adesso, sono costretti a riarmarsi per prepararsi a qualsiasi eventualità di natura bellica, soprattutto se le tensioni con la Russia continueranno a crescere, come sembra siano destinate a fare.
“Il problema del riarmo” – secondo quanto riportato dalla Reuters – “nasce prima dell’invasione russa. Già prima del 24 Febbraio 2022, in una riunione dei Paesi Nato, il segretariato generale dell’alleanza fece presente ai membri che era necessario aumentare la produzione di armamenti e munizioni per migliorare le capacità di risposta delle forze armate in caso di un attacco da una forza nemica esterna”. E in effetti lo scorso anno si arrivò ad un accordo che prevedeva l’obbligo per tutti gli Stati membri di aumentare le spese militari fino al 2% del PIL di ciascun paese, un limite però ritenuto minimo e che lascia ai governi la possibilità di investire di più.
La guerra in Ucraina ha mostrato un falla nella dottrina militare Nato che considerava le battaglie di logoramento tramite l’utilizzo di artiglieria un retaggio del passato. Ma la strategia russa ha messo in crisi il sistema di approvvigionamento della Nato, che ora necessita di maggiori pezzi e munizioni di artiglieria da inviare a Kiev.
In 12 mesi però la situazione non è cambiata. La Germania, ad esempio, aveva annunciato per bocca del Cancelliere Scholz un nuovo fondo per il riarmo pari a 100 miliardi di euro. Ad oggi però, le più grandi aziende del paese non hanno ricevuto incrementi di ordini. La Rheinmetall – la società che costruisce anche i cannoni da 120 mm del carro armato Leopard 2 – si è detta pronta a velocizzare le tempistiche di produzione nel caso in cui dovesse ricevere un incremento delle commesse, portando quindi la capacità di produzione di proiettili di artiglieria da 155 mm a 450.000/500.000 all’anno, rispetto ai “soli” 60.000 pezzi prodotti nel 2022
Stesso discorso in Francia, con il Presidente Macron che ha annunciato un aumento della produzione di armi parlando apertamente di “economia di guerra” per accelerare la produzione di obici e delle loro munizioni, ma a parte la proposta, mancano le cifre ufficiali e un riscontro negli ordini giunti alle industrie francesi. Non ci sono dati ufficiali, ma secondo alcune indiscrezioni provenienti dal dicastero della difesa francese, circa 2 miliardi saranno investiti per la produzione di pezzi di artiglieria, comprese anche le munizioni per gli HIMARS.
E a proposito di HIMARS, non bisogna dimenticare gli USA, il Paese che più di tutti ha speso in termini di armamenti e munizioni per sostenere l’Ucraina. Anche a Washington si sono resi conto della necessità di aumentare la produzione di pezzi di artiglieria, ma anche di missili Patriot e batterie anti-missile, fondamentali per un eventuale futuro scontro con la Russia.
Per coordinare gli sforzi, i Paesi membri della Nato terranno a Monaco di Baviera, proprio in concomitanza con l’anniversario dell’Operazione Speciale, come la chiamano i russi, una conferenza dei ministri della difesa.
Queste informazioni provenienti direttamente da fonti interne alla Nato, smascherano una delle grandi menzogne che abbiamo sentito fin ora, cioè la menzogna di una Russia a corto di munizioni; è vero il contrario, siamo noi ormai senza più scorte. Ma in secondo luogo da Bruxelles, dal segretariato generale della Nato, ci fanno sapere che non hanno alcuna intenzione di scendere a patti con la Russia e che sono pronti allo scontro. Sempre che facciano in tempo a rimpinguare le languide riserve di armamenti.
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