La Exxon Mobil Corp, colosso petrolifero statunitense, ha ripreso le operazioni presso le sue strutture in Nigeria a seguito di una disputa in merito alla retribuzione che ha visto il sindacato interno dei lavoratori dell’azienda intraprendere un’azione sindacale.
Tale azione aveva portato tre unità della Exxon – che ha già subito una nazionalizzazione in Ciad – a dichiarare la forza maggiore sui prelievi nei suoi terminal su suolo nigeriano, che avrebbe consentito loro di aggirare gli obblighi contrattuali e continuare l’estrazione anche durante la vertenza sindacale. In una nota la Exxon aveva affermato che avrebbero continuato “a intraprendere tutte le azioni ragionevoli necessarie per risolvere l’impasse il prima possibile”. Nella giornata di ieri un portavoce della società ha dichiarato che le sue tre imprese, Mobil Producing Nigeria Unlimited, Esso Exploration and Production Nigeria Limited, ed Esso Exploration and Production Limited allo stato attuale sono operanti a livelli normali. Ciò avviene a seguito di un adeguamento salariale accettato dal sindacato, che ha determinato la fine della controversia mediata anche dal contributo della società petrolifera statale nigeriana (NNPC Ltd).
Nel frattempo, il settore petrolifero nigeriano vive un’altra fibrillazione legata ai sussidi statali che il governo nigeriano uscente ha sin qui provveduto ad emanare in favore del settore. Il presidente eletto, Bola Tinubu, prevede di interrompere il pagamento dei sussidi una volta che assumerà l’incarico nel maggio di quest’anno. Al momento, però, il ministero delle finanze nigeriano fa sapere che al momento il sussidio carburanti non è sospeso perché “non è il momento migliore per sospendere tale sussidio”. In effetti, la Nigeria a febbraio aveva ottenuto dalla Banca Mondiale un prestito di 800 milioni di dollari per compensare – o forse in cambio di? – l’abolizione del sussidio.
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