Il 2023 è un anno storico per la Croazia. Il più giovane membro dell’Unione europea è entrato nell’euro e nell’area Schengen di libero movimento, dopo 10 anni dall’ingresso nel UE, scavalcando Paesi, come Romania e Bulgaria, che hanno aderito all’Ue molto prima. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nelle celebrazioni alla frontiera croato-slovena di Bregana, insieme al premier croato Andrej Plenković e alla presidente slovena Nataša Pirc Musar, ha parlato di “due immensi risultati”. Due immensi risultati, ma per chi? Sicuramente non per il popolo croato, che con l’euro vedrà annullata nel giro di pochi anni la sua sovranità, dalle continue ingerenze della BCE sulle politiche economiche del paese. Di immenso risultato possono parlare la UE ed i suoi apparati finanziari, più o meno istituzionali, che vedono un altro paese, ed un altro potenziale mercato “libero”, passare sotto la propria influenza. L’espansione ad est della UE, speculare a quella della Nato (ma forse sono la stessa cosa), avrebbe anche l’obiettivo di portare la confinante Serbia, anch’essa candidata all’ingresso in UE, nazione chiave della rotta balcanica dell’immigrazione clandestina, a più miti consigli sulla concessione di visti facili a paesi interessati da forti flussi migratori in uscita.
Dopo i botti di Capodanno e l’euforia della festa, il popolo croato potrebbe trovarsi, infilato da qualche parte, un botto ancora inesploso, che prima o poi esploderà.
AD
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