Oggi pomeriggio è stata approvata con ampia maggioranza dal Congresso spagnola la “Ley Trans”, la legge che introdurrà in Spagna il diritto all’autodeterminazione per tutti i cittadini spagnoli.
La legge, già approvata dal Senato e da lungo tempo voluta dalla comunità LGBTQ+, prevede la possibilità di modificare all’anagrafe il proprio genere “con due dichiarazioni a distanza di 3 mesi l’una dall’altra, senza passare per le vie giudiziarie, eliminando così gli interventi dei giudici”, come scriveva stamane il quotidiano spagnolo “La Vanguardia”. Il diritto è esercitabile a partire dai 16 anni di età, e dai 14 anni previo consenso genitoriale.
il contenuto della legge, però, ha scatenato le critiche delle femministe, le quali temono una confusione giuridica “in tutti quei campi e settori dove sono previste norme a vantaggio delle donne”; potrebbe venirsi a creare la scomoda situazione di uomini che si dichiarano donne e chiedono di accedere ad istituti giuridici esclusivamente riservati alle donne.
Oltre al diritto all’autodeterminazione, la legge prevede una riforma della normativa sull’aborto per renderlo maggiormente accessibile; e l’introduzione del “congedo mestruale” per quelle donne che hanno un ciclo mestruale considerato invalidante.
Contemporaneamente il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione affinché la Convenzione di Istanbul del 2014 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, venga ratificata da tutti i Paesi UE – fin qui tutti l’hanno firmata, ma solo 21 Stati l’hanno ratificata. Con la risoluzione il Parlamento, da una parte vuole fare pressione affinché questa battaglia di civiltà non rimanga solo una mera dichiarazione di intenti senza alcun effetto reale e materiale sulla condizione di milioni di donne, ma dall’altra parte – come avviene spesso con gli atti dell’Unione Europea – la stessa risoluzione rappresenta un Cavallo di Troia con il quale introdurre battaglie ideologiche nascoste dietro a nobili intenzioni. Si legge nel testo, infatti, che i Paesi membri hanno il dovere di combattere tutte quelle discriminazioni che colpiscono le donne “migranti, extracomunitarie, rom”, facendo quindi una distinzione e quindi una vera e propria discriminazione fra donne di un determinato gruppo etnico-sociale, e tutte le altre donne europee. Si invita inoltre, nella risoluzione, ad investire in una educazione scolastica che possa educare i giovani al rispetto della dignità e dei diritti altrui, con particolare focus sui diritti della comunità LGBTQ+. Una dichiarazione, quest’ultima, particolarmente generica e “fumosa” perché non si capisce quale sia il confine fra il sacrosanto dovere ad educare contro le violenze di genere e l’indottrinamento ideologico. Queste dichiarazioni appaiono più simili ad un DDL Zan camuffato che ad una risoluzione di una Convenzione internazionale.
Insomma, sembra che l’intento della risoluzione sia più quello di far entrare nel dibattito pubblico l’indottrinamento ideologico sulla questione di genere, in barba a milioni di donne che ogni giorno subiscono violenze per motivazioni religiose – vedasi il fondamentalismo islamico e il trattamento che riserva alle donne – o per motivazioni ancora più banali ma altrettanto letali.
Stefano dice
Bene, mi percepisco donna e vado in pensione subito invece che fra 3 anni. Inoltre guai a minacciarmi o menarmi, pena doppia. Poi ho lavorato una vita come un cane (maschio), pur percependomi femmina. Ergo il mio lavoro è stato super usurante, voglio doppia pensione. Andrò inoltre in sauna nei giorni riservati alle donne, nuda come loro. E se il pisello mi si rizzasse, sarà perchè mi sono percepito donna, però lesbica.